(...) per aereoporti con ipotesi di collocamenti in borsa (regalando di fatto il premio di maggioranza) trattati con un dilettantismo scoraggiante. La cosa peggiore però è che nella frenesia di fare cassa nel Comune non si scorge l'ombra di un progetto, di una «mission» che dovrebbe guidare la delicatissima strategia delle vie d'accesso e delle infrastrutture cittadine. Quando sulla plancia del Monopoli di Pisapia è stata buttata la «bomba» che, con il favore del ministro Passera, prevedeva il ridimensionamento forzato di Linate per consentire a Malpensa di raggiungere massa critica e renderlo conveniente, le reazioni sono state così disperse da rendere chiaro che un'idea unitaria su questo tema fondamentale manca del tutto. Non basta una dichiarazione vuota come «stop ai dualismi tra Linate e Malpensa» per nascondere le cinquanta sfumature di Sea delle opinioni espresse dai consiglieri di maggioranza. Eppure dovrebbe essere evidente a tutti che la strategia delle vie d'accesso per Milano è fondamentale. La vocazione della città è sempre stata, sin dalla sua fondazione, quella di essere un emporio: un «marketplace» secondo la terminologia economica anglosassone, facilitata dalla sua posizione al centro degli scambi commerciali della pianura padana e punto di contatto con l'Europa continentale. Un mercato non ha risorse in sé, non ha meraviglie naturali o palazzi del potere che «obbligano» la gente a venirci, la sua ricchezza è la capacità di attrarre pubblico e un «marketplace» ha tanto più successo quanto più è frequentato da potenziali clienti. Una città con tale vocazione dev'essere quindi a servizio del visitatore e del commercio ed è sottoposta a concorrenza continua da parte delle altre «piazze». La strategia di un aeroporto di una città come Roma, dove i visitatori non mancheranno mai, è del tutto differente rispetto a una città come Milano che vive sotto concorrenza. Non si possono dare per scontate le attività economiche: i mercati finanziari sono già pressochè spariti, con gli operatori ricollocati a Londra, New York e Lugano.
Siamo sicuri che anche le altre attività non si stuferanno di una strana città dove il collegamento aereo internazionale diretto praticamente non esiste perché stranamente i voli a corto e medio raggio arrivano in un comodo aereoporto che però potrebbe tranquillamente essere in uno stato differente rispetto allo scalo principale? Si può investire a lungo termine in una piazza dove il collegamento via treno ad alta velocità con Parigi rimarrà a lungo un miraggio e dove le autostrade vengono gestite in ordine sparso? Senza la massima apertura ai visitatori remoti si rischia il provincialismo e se poi il «provinciale» viene inondato di tasse come biasimarlo se poi vorrà scendere un altro gradino diventando «cantonale» rifugiandosi oltre il vicino confine?Twitter: @borghi_claudio
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