Svegliati di soprassalto di primo mattino. E con i poliziotti in cucina, in salotto e in camera da letto a sventolare un decreto di perquisizione, un po' di timore e di turbamento assalirebbe chiunque. Così anche loro - tanto loquaci e fuori luogo online - impauriti ieri lo erano per davvero. Infatti dopo che la Digos ha perquisito le case, sequestrato i cellulari e i pc e infine li ha indagati per minacce gravi, hanno deciso di ammettere le loro responsabilità. Sono entrambi incensurati i 50enni - uno residente in provincia di Vercelli e l'altro in provincia di Cagliari - perquisiti ieri mattina per le minacce online sulla chat Telegram ricevute dal sindaco di Milano Beppe Sala. Secondo l'inchiesta della Digos e del pool antiterrorismo della Procura di Milano entrambi sono da ricondurre agli utenti della medesima chat, chiusa a settembre dall'autorità giudiziaria di Torino, che si rifà al gruppo che imperversa sulla nota piattaforma sotto il nome di «Basta dittatura - Proteste» e che conta circa 8.700 utenti No Green Pass.
Più da vicino, il sardo indagato - un ex sottufficiale della Marina di 51 anni che risiede a Teulada - è l'autore del post, scritto poco prima delle 21 di martedì: «Quindi è giusto anche a prendere a calci in c... questo b....... di m.... quando avvistato nella città». Il 50enne vercellese che invece vive a Crescentino, ha scritto immediatamente dopo: «Io è da tempo che dico basta girotondi per le città, ma di andare sotto le case, villette di questi e farli tremare il terreno dove camminano».
A scatenare la rabbia dei No Green pass era stata un'intervista in cui l'inquilino di Palazzo Marino lunedì, parlando dei manifestanti, aveva detto, testualmente: «Non rispettano la regola d'ingaggio basilare delle manifestazioni che è si concorda il percorso. A questo punto diventano incontrollabili. La polizia che può fare? Può fare una sola cosa. Può caricarli. Cosa che ovviamente, io capisco, il prefetto non intende fare». Questo era bastato ai contestatori del certificato verde per trasformare Sala (che ha poi precisato che le sue dichiarazioni erano state mal interpretate) in un nemico.
Intanto gli uomini del Reparto Mobile di via Cagni che accettano di parlare dietro la garanzia dell'anonimato, si apprestano ad affrontare domani il quindicesimo sabato di manifestazione dei No pass. Che per ore, fino a sera tardi, come da copione, li trascineranno in giro per la città inseguendo il serpentone di circa 15mila partecipanti (questa la cifra prevista).
Stavolta però la preoccupazione sulle incognite dell'ordine pubblico è alle stelle. Con il G20 a Roma, infatti, circa metà delle dieci squadre del Reparto Mobile solitamente disponibili in campo, a Milano non ci saranno perché mandate nella Capitale. Inoltre va detto che, sempre domani, a Milano è attesa anche una rappresentanza dei No pass provenienti da Trieste e guidata dall'ex portavoce dei portuali, Stefano Puzzer che nelle scorse settimane era riuscita a far alzare la tensione nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia. Tutto per confermare che quello dei No Green pass e dei No vax è diventato un vero e proprio popolo. Con il risultato che si tratterà dell'ennesimo sabato «elettrico», come annunciato con toni esagitati nel sottobosco di Telegram.
Qual è il male minore durante un corteo di protesta? «Arginare senza fare danni. E finora, durante tutte queste manifestazioni No Green pass sotto la Madonnina non ci sono stati né atti di violenza, né scritte sui muri...
Se i manifestanti non usano armi o la forza e al massimo ci rifilano qualche spintone, contro di loro noi non useremo i manganelli, ma neanche i lacrimogeni o gli idranti. Poi naturalmente si passa alle denunce perché ci vuole equilibrio in queste cose. E a Milano c'è stato il maggior numero di denunciati d'Italia».
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