Per Stefano Boeri, deus ex machina del Salone del Mobile più difficile della sua sessantennale storia, la fiera che si apre domenica è densa di speranze e di incognite. A lui, archistar noto in tutto il mondo anche e soprattutto per il Bosco verticale di Porta Nuova, il rogo del grattacielo di via Antonini dev'essere risultata un'immagine particolarmente triste. «La velocità con cui i pannelli di rivestimento della facciata prendono fuoco mi ricorda il terribile incendio della Grenfeld Tower di Londra» aveva immediatamente postato.
Boeri, sono ormai molti anni che la design week è teatro di mostre su materiali innovativi, nuove tecnologie e ecosostenibilità. Eppure oggi, in una città come Milano, un grattacielo praticamente nuovo va a fuoco come un fiammifero. Com'è possibile?
«Costruire una facciata distaccata dall'edificio con quel tipo di intercapedini e con materiali non ignifughi è rischioso, ma purtroppo non illegale, almeno fino a quando non ci saranno leggi nazionali severe in materia come negli Usa».
Però in una città terra di conquista delle imprese edilizie ci si aspetterebbe comunque verifiche più ferree dagli amministratori...
«In questo caso, ahimè, più che di controlli e intimazioni vale la consuetudine delle raccomandazioni».
Veniamo al Salone del Mobile di cui è curatore. Come nasce l'idea di inaugurarlo la prima domenica di settembre, quando la gente ha ancora in testa le vacanze?
«Quando a Natale si decise di posticipare l'edizione dell'aprile 2021, nel cda c'erano forti pressioni per slittare al 2022, una spaccatura che indusse lo stesso presidente Luti a dimettersi. Io invece ero fin dall'inizio convinto che il Salone 2021 andasse fatto, sia pur con una formula diversa, così quando il consiglio mi chiese di occuparmene accettai di buon grado. Perché settembre? Bisognava realizzare un Salone non troppo a ridosso dell'edizione 2022 e al contempo scegliere il periodo in cui facesse meno paura la stretta del Covid».
Aprire la domenica è una scelta popolare, un invito alle famiglie?
«Sì. E anche il prezzo del biglietto, 15 euro anziché 35, va in questa direzione. Fin dall'inizio, la mia idea è stata di un Salone che fosse una festa come lo era la Fiera Campionaria: aperta a tutti, bambini compresi, sette giorni su sette».
I primi mesi si è parlato di un Salone «light» o di Salone «ponte»; poi è diventato un «Supersalone». Che cosa è successo in questi mesi?
«In realtà io ho sempre pensato a un'edizione diversa ma non a un'edizione ridotta. Sarà certamente un Salone meno grande per dimensioni, ma assolutamente imperdibile per qualità dei contenuti; saranno esposti in un'unica area i migliori prodotti delle migliori aziende e al contempo ci saranno spazi per i buyers e una piattaforma web su cui le imprese potranno direttamente vendere le proprie novità. Non sarà però solo una mostra di prodotto, saranno esposti anche i progetti degli studenti delle migliori 50 scuole di design del mondo. E ancora, i lavori dei makers che utilizzano prevalentemente le stampanti 3D, la collezione delle oltre 100 sedie premiate dal Compasso d'Oro, il meglio dei food designer italiani».
C'è un'idea che più di tutte la inorgoglisce?
«Beh, sicuramente il fatto che nulla di questa edizione del Salone andrà sprecato: tutti i materiali, dai pannelli agli arredi, saranno riciclabili».
Lei ha parlato di fiera «phygital», un po' fisica e un po' virtuale. Come le nostre vite ormai.
«Già, d'altra parte è diventato inevitabile, ma anche accattivante, il processo che ci permette con un clic di entrare in contatto direttamente con un'azienda e di acquistare un prodotto dopo averne apprezzato la forma, la superficie e il colore. L'e-commerce è il futuro».
E anche il presente; durante il lockdown gli acquisti online hanno avuto un boom e il design ne ha approfittato.
«Confermo, quello dell'arredo è stato uno dei pochi settori che durante la pandemia ha avuto fatturati molto importanti. E la gente è diventata più consapevole dell'importanza del comfort del proprio habitat».
Lei è anche presidente di Triennale che diventerà una sorta di hub, un ponte tra Salone e Fuorisalone.
«Sì e ne sono orgoglioso. Bisognava farla finita con questo stupido antagonismo tra la Fiera e la città degli eventi. In Triennale ci sarà una grande esposizione, fotografica e oggettuale, sulla storia del Salone dal 1961 ad oggi con tutti i suoi protagonisti. Poi una piccola ma pregevole mostra su Carlo Mollino».
Dopo due «lombardi», Magistretti e Mari, un torinese. Perché proprio Mollino?
«Perché è stato un grande designer del '900 e di cui non avevamo pezzi in collezione. Ora, grazie a un comodato con una grande raccolta torinese, acquisiremo opere bellissime».
È fiducioso sulla risposta del pubblico o teme ancora la paura del Covid? Lei stesso se l'è vista brutta, il suo amico Gastel non ce l'ha fatta.
«L'emergenza purtroppo non è finita ma, venendo in Fiera in questi giorni, sono orgoglioso dei sistemi di sicurezza e dell'ariosità degli spazi. Il greenpass sarà obbligatorio e, per chi non ce l'ha, saranno disponibili anche tamponi all'ingresso.
Fiducioso?
«Devo esserlo».
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