Ci sarebbe quasi da ridere, se non fosse - come sottolinea il capogruppo FdI in Comune Riccardo Truppo - che «a Milano stiamo rasentando l'assurdo. Gli occupanti di un edificio pubblico comunale contestano con una manifestazione pubblica la bontà dell'iniziativa della sinistra milanese di fondare la prima moschea milanese in via Padova, proprio nel loro edificio occupato. É la dimostrazione di come in quella zona si stia favorendo la creazione di fatto di un ghetto potenzialmente incontrollabile e ingestibile, dove ognuno di fa giustizia da sé».
Serve un passo indietro e una puntualizzazione. Quando Truppo parla di «bontà» dell'iniziativa lo fa ovviamente in maniera ironica, il centrodestra contesta il bando pubblico lanciato dal Comune per assegnare gli ex bagni pubblici di via Esterle ad un'associazione religiosa per aprire un luogo di culto. Che lo spazio sarà assegnato ai musulmani ci sono pochi dubbi, e FdI aveva chiesto maggiori garanzie sulle sigle islamiche che possono partecipare alla gara e sulla provenienza dei fondi. Dovrebbe essere invece una buona notizia per i centri sociali che non perdono occasione per difendere (almeno in piazza) i diritti degli immigrati. Per dirla alla Salvini però, «aiutiamoli a casa loro», perchè in questo caso per garantire la preghiera ai musulmani non sono disposti a cedere la palazzina occupata da cinque anni. Anarchici e centri sociali non sono mai stati disturbati dal Comune che è proprietario dell'immobile, mai una richiesta di sgombero nonostante le continue sollecitazioni del centrodestra e dei residenti. Invece, oggi gli occupanti abusivi si riuniranno in assemblea per protestare e organizzare le prossime mosse, anche perchè il bando scade il prossimo 30 maggio e l'avviso di «sfratto» questa si avvicina davvero.
Si definiscono «occupanti in emergenza abitativa». Sono circa quaranta persone, organizzate nella rete «Ci Siamo», e hanno già annunciato un presidio davanti a Palazzo Marino alle ore 10 del 30 maggio, ultima data disponibile per partecipare al bando per i luoghi di culto. E mandano avanti gli immigrati. «Per garantire il diritto al culto - sostengono - il Comune di Milano nega il diritto alla casa a decine di migranti. Questo edificio è la nostra casa da 5 anni. Siamo una comunità di migranti provenienti da Brasile, Bulgaria, Costa D'avorio, Gambia, Marocco, dal Perù. Siamo rider, agricoltori, operai edili, badanti, ambulanti, addetti alla pulizia con contratti precari. Il Comune avrebbe dovuto garantirci un tetto, non sfrattarci dopo 5 anni». Chiedono a tutti «un sostegno, non vogliamo perdere questo luogo senza una soluzione alternativa per tutti gli abitanti.
A Milano ci sono tanti edifici liberi che il Comune, se solo volesse, potrebbe mettere a disposizione per il diritto al culto senza metterci uno contro l'altro». In assemblea decideranno di organizzare una manifestazione sotto il Comune.
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