Non ha gradito che si parlasse della sua «solitudine politica», nonostante gli attacchi dell'assessore «arancione» Franco D'Alfonso che parla di una giunta che non sopravviverà al Natale e i rapporti tesi con i sindacati e il Pd che, comunque, rimane l'azionista di maggioranza dell'amministrazione.
Per non parlare dei centri sociali che prima l'hanno eletto e ora lo assediano. E allora il sindaco Giuliano Pisapia ha scritto al Corriere della Sera per spiegare che «In due anni Milano è rinata. La strada è quella giusta». Titolo che riassume il senso di una missiva che punta all'autoassoluzione e, invece, tradisce la pochezza di risultati di un biennio da molti considerato fallimentare. Tanto che il pur bravo direttore generale Davide Corritore soggiorna da tempo in un incomprensibile limbo, mentre vicesindaco e un plotoncino di assessori sono già stati giubilati. Tra cui il «ribelle» Stefano Boeri.
Perché nonostante il sindaco sia convinto che «nelle condizioni date, stiamo facendo il massimo possibile», è proprio dall'elenco stilato da Pisapia che nascono i dubbi sulla consistenza dei risultati raggiunti. «Milano - spiega - anche grazie ai nostri contributi per le start-up e per i giovani, sta resistendo alla crisi meglio di ogni altro luogo del Paese». Sarà, signor sindaco, ma sono in molti a Milano i giovani senza lavoro a non essersene accorti. Così come è difficile capire in cosa consista quel troppo generico «abbiamo agito senza indugi per sostenere il lavoro».
E in pochi, di fronte alla palude, si sono accorti che «abbiamo sbloccato i lavori della Darsena». E in questi tempi di crisi nera, cosa significa e a cosa servirà «il progetto Smart City»? Perché Milano sarà anche «tra le prime una città del futuro», ma qui è il presente a far paura. Quello delle strade e delle case dove raddoppiano le rapine (lasciamo pur stare il caso Kabobo) e delle periferie dove i giovani il lavoro ormai rinunciano anche a cercarlo.
Una città che si è fatta scippare il Giro d'Italia da Brescia (amministrata dal centrodestra), che non ha avuto gli All Blacks, che perde la notturna di atletica all'Arena e un monumento come l'ippica a san Siro. «Milano stava perdendo al sua scommessa internazionale», accusa Pisapia. Ma come? Ma l'Expo l'ha vinta Letizia Moratti combattendo contro tutto il mondo. E solo lei poteva riuscirci. Gabriele Albertini ha qui portato le grandi multinazionali e le archistar per ridisegnare zone abbandonate da decenni a prostitute e degrado. Albertini ha costruito tre depuratori, ha rifatto la Scala in un anno e più bella di prima, gli Arcimboldi.
La Moratti oltre all'Expo s'è inventata un pedaggio per entrare in città. E ha poco da vantarsi, sindaco Pisapia, di una città che «non sarà più soffocata dal traffico e dallo smog». Quella è farina di un altro sacco. Che ha nel marchio il simbolo di quel Pdl che trovava anche il tempo per dare i libri di scuola e il «bonus bebè» alle madri in difficoltà più che un inutile diplomino ai figli degli immigrati. C'erano più soldi? È vero, ma c'erano anche più idee e soprattutto molta meno paura di rivolgersi al buon cuore dei privati.
Un accenno anche alle nomine che Pisapia dice di aver finalmente fatto con una «selezione sulla base del merito». È falso, basta scorrere i nomi (tutti dal rigoroso pedigree di sinistra) per scoprire una lottizzazione senza precedenti.
E per quanto riguarda «l'amministrare nel nome di una giustizia sociale», grida ancora vendetta l'aumento del biglietto a 1,50. Perché il tram, signor sindaco, a prenderlo è soprattutto la povera gente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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