Dai sindacati confederali, agli avvocati penalisti,all’assessore all’assistenza Piefrancesco Majorino: la imminente riapertura del Cie di via Corelli, il centro di identificazione ed espulsione per immigrati irregolari, ha sollevato più critiche che entusiasmi. «La struttura aveva detto pochi giorni fa Majorino - deve diventare un Centro di accoglienza dove poter ospitare persone in difficoltà e realizzare progetti di integrazione », senza spiegare dove nel frattempo sistemare le centinaia di clandestini che vengono fermati ogni mese, e che- da quando è chiusa via Corelli non vengono rilasciati ma spediti qua e là per l’Italia, e recentemente uno è finito addirittura a Trapani.
La speranza che il governo Renzi sopprimesse il Cie di Milano si è comunque infranta contro il comunicato emesso qualche giorno fa dal prefetto Francesco Paolo Tronca che ha annunciato che, al termine dei lavori di sistemazione, il centro all’Ortica riaprirà i battenti. E qualche malumore in più ha sollevato il dettaglio che, a ben vedere, è la vera novità dell’annuncio del Prefetto. Il Cie non sarà più gestito dalla Croce Rossa ma da una azienda francese specializzata in carceri private, la Gepsa, controllata dal colosso multinazionale Gdf Suez. La Francia,a differenza dell’Italia, ha già seguito America e Gran Bretagna sulla strada della privatizzazione del sistema penitenziario, e Gepsa ha già la gestione di 13 carceri, in cui si vanta di rieducare 1.700 detenuti al giorno. La società francese rivendica anche l’esito positivo del lavoro di rieducazione, spiegando che nel 2010 hanno trovato un posto di lavoro 180 detenuti usciti dalle sue prigioni.
Tema delicato e controverso, quello di trasformare il carcere in un business. Ma in questo caso il problema è un altro: il centro di via Corelli non è un carcere, o almeno non dovrebbe esserlo. Poiché le persone che vi vengono rinchiuse non hanno commesso alcun reato (altrimenti finirebbero a San Vittore) ma sono semplicemente in attesa di essere espulse, dal punto di vista formale il Cie è una struttura amministrativa, gestito da personale esterno al ministero della Giustizia.L’unica analogia con San Vittore è, o dovrebbe essere, che è proibito andarsene. Ma quando nel luglio 2012 la stampa potè finalmente visitare via Corelli si trovò di fronte nè più nè meno che ad un carcere: Sbarre, celle, porte blindate, psicofarmaci.
Adesso,la vittoria dell’appalto da parte dei francesi specializzati in carceri rischia di alzare il velo di ipocrisia, ammettendo che di fatto si tratta di una prigione. Non è la prima volta che Gepsa cerca di prendere in gestione un centro: aveva già concorso e vinto per ottenere l’appalto del centro romano per i richiedenti asilo, il Cara di Castelnuovo di Porto, un affare da dieci milioni di euro all’anno, ma l’assegnazione era stata annullata dal Consiglio di Stato per una violazione contrattuale. Stessa sorte, appalto vinto e poi annullato, la Gepsa aveva incontrato per il Cie di Gorizia.
Anche a Roma e a Gorizia la Gepsa aveva vinto l’appalto insieme alla Acuarinto, una associazione culturale di Agrigento specializzata nella assistenza agli immigrati, che sarà adesso presente anche in via Corelli.Con quale personale, con quali metodi i vigilantes francesi gestiranno via Corelli? Da galera o da centro di accoglienza? «Non abbiamo niente da dire», rispondono ieri i portavoce di Gepsa.
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