Il Ragno di Manchester. "La coppa del Milan è nelle mani di Gigio"

Fabio Cudicini, portiere dei trionfi del Milan anni Sessanta: "Siamo stanchi e temo i contropiedi. Ma non difendiamo lo 0-0"

Magliarossonera.it
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Lo chiamavano «Stralongo», perché come portiere per la sua epoca era altissimo, quasi due metri, e magro magro: sembrava fatto di cristallo invece era indistruttibile come l'acciaio. Fabio Cudicini, classe 1935, è stato ed è il portiere rossonero più amato, il «Ragno nero» di uno dei Milan più belli di sempre quello di Rivera e Prati, di Schnellinger e Trapattoni, il Milan del Grande Slam che vince tutto. Pensare che voleva fare il tennista e che all'inizio giocava all'ala destra. Quando Nereo Rocco lo chiama al Milan ha 32 anni, sembra alla fine, invece è all'inizio. Non lo abbattono nè i sassi di Manchester, né i pugni di Buenos Aires, resta imbattuto a San Siro per 1.132 minuti, un record, muovendosi come un ragno sulla tela. Una volta segna persino un rigore ad Albertosi. Manchester e il Manchester lo ricordano ancora come un incubo.

Era la sera del 15 maggio 1969, semifinale di ritorno Coppa dei Campioni, e sulla sua testa gli hooligans tirarono di tutto...

«C'era il diluvio universale e noi arroccati nella nostra metà campo a difendere il 2-0 dell'andata. Da dietro la mia porta scagliavano pezzi di ferro e alluminio come fossero frecce che si conficcavano sul terreno bagnato dell'area. Tuffarsi era come buttarsi su un tappeto pieno di vetri».

Poi però la colpirono duro.

«Mi tirarono in testa una palla di ghisa che mi fece svenire. Restai in campo con un trauma cranico, il mal di testa mi tormentò per tutta la partita. Ma non avrei mai mollato».

Cosa le disse il leggendario dottor Monti?

«Mi rimise al mondo. Anche dicendomi: Fabio, abbiamo in panchina un ragazzino di vent'anni... che era William Vecchi. Tranquillo, gli dissi, ce la faccio...»

L'Old Trafford era un'inferno anche in campo...

«Siamo stati sotto pressione per tutta la partita, subimmo un gol da Charlton, Santin ne tirò fuori uno fatto dalla porta: erano belve quando venivano avanti, si esaltavano nella lotta. Ma erano anche fortissimi: c'erano George Best, Bobby Charlton, Denis Law. Erano i campioni d'Europa in carica, fu quella la vera finale di Coppa Campioni che poi conquistammo con l'Ajax di Cruijff. Ma quando uscimmo dal campo ci applaudirono».

Il pubblico conta allora...

«Non aver avuto il pubblico all'Old Trafford è stato un vantaggio per il Milan. Settantamila indemoniati che ti tifano contro sono duri da affrontare. Ma quella di Manchester di una settimana fa è stata comunque la miglior partita del Milan di tutta la stagione».

A Milano però il Manchester non ha mai fatto paura

«Allora a San Siro li surclassammo per 2-0 con gol di Sormani e Hamrin, pur rinunciando a Gianni Rivera dopo pochi minuti. Gli inglesi in trasferta perdevano sempre molto della loro indole guerriera. Speriamo sia così anche stavolta...»

Come vede il ritorno di stasera?

«Purtroppo mi preoccupa molto perché i Red Devils sono molto forti. In casa loro li abbiamo addomesticati bene ma adesso bisogna fare attenzione ai loro contropiedi. Martial, Greenwood e James sono tremendi. E poi c'è Rashford, un vero fuoriclasse».

Magari fossero solo i contropiedi...

«Anche sui calci da fermo, angoli e punizioni, sono micidiali. Di testa fanno paura. E mi sembrano in un grande momento di forma».

E il Milan?

«Il Milan deve fare il Milan, ma quello di qualche mese fa non quello di domenica con il Napoli. Che ci sia Ibra anche solo in panchina è importante. Come il rientro di Kijaer».

E suo figlio Carlo cosa dice?

«Lavora con il Chelsea, conosce benissimo la Premier. Dice che il Manchester non ha ancora dato il meglio. Domenica ha anche vinto con il West Ham. Sono carichi».

E Donnarumma?

«Pensavo che a Manchester sarebbe stato impegnato di più, invece la grinta, il carattere e la buona organizzazione difensiva della squadra lo hanno tenuto al riparo da rischi. Certo che se a San Siro dai spazio a quei tre davanti che dicevo prima non c'è portiere che tenga...».

Ci vorrebbe un Donnarumma come Cudicini a Manchester...

«Donnarumma deve fare il Donnarumma non il Cudicini. É uno dei punti forti della squadra. Qualche volta ragiona troppo sulle uscite invece di affidarsi all'istinto. E con gente che salta come questi bisogna saper uscire».

E il Milan dovrebbe ripetere la partita dell'andata...

«Ma ho l'impressione siano un po' stanchi a partire da Kessie. Speriamo bene».

Le piace questo Milan

«Sono partiti benissimo, sono stati una sorpresa piacevole. Mi sembra però si stiano un po' perdendo per strada».

Ma ce la farà a entrare in Champions?

«Con Juventus a Atalanta sarà dura tenere la posizione. Dobbiamo fare la corsa sulla Roma. Napoli e Lazio mi sembrano messi peggio».

E lo scudetto?

«Quello lo vince l'Inter».

Un Milan-Roma finale di Europa League?

«Sarebbe bellissimo ma la Roma il turno lo ha quasi passato. Il Milan invece...».

Lei poi ha giocato e vinto a Roma...

«Milan e Roma li ho sempre nel cuore. Milano è stata il momento più alto della mia carriera, ma a Roma nel 1961 ho vinto la Coppa delle Fiere, cioè l'Europa League di oggi. E vincere in una piazza che non ha vinto molto è sempre una grande impresa».

Che squadra era quella Roma?

«Una squadra di pazzi. C'era Lojacono che alternava partite favolose a match così così. Pedro Manfredini anche. Ma le rose non erano quelle di oggi, se si faceva male qualche titolare eravamo rovinati. In finale piegammo un'altra inglese il Birmingham City in due partite».

Per eliminare il Manchester di oggi chi servirebbe del Milan di ieri?

«Uno è Roberto Rosato, un guerriero che lascio all'Old Trafford due denti per una gomitata maligna di Law. E in attacco un Pierino Prati che la butti dentro senza pensarci troppo».

Rischi da evitare?

«Non devono giocare un tempo solo come fanno di solito. E non difendere lo zero a zero: sarebbe suicida».

Ottimista?

«Con l'ottimismo del cuore. E con il cuore si vince...».

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