le responsabilità dell'amministrazione e la tolleranza (a rischio) dei milanesi

È normale che la civilissima - e centralissima - corso Vercelli lanci una petizione contro ambulanti, degrado e senzatetto? Ed è normale che in piazza Affari - il cuore finanziario della città, a pochi passi dal Duomo - ci si imbatta in dissuasori anti-clochard costruiti sotto i portici per evitare il bivacco notturno di pochi disperati? È Milano che sta perdendo la sua storica anima solidale, oppure esiste un disagio più profondo che ha minato il volto più tollerante del capoluogo lombardo?

La risposta, forse, è nelle immagini che il «Giornale» - come altri quotidiani - sta pubblicando in questi giorni: i centri di accoglienza pieni e decine, centinaia di immigrati che dormono, si lavano e trascorrono le giornate accampati davanti alla stazione Centrale. Sono immagini indegne di Milano. Ma sono anche immagini che i milanesi vedono da troppo tempo.

Eccola, dunque, la prima vera sfida per il nuovo sindaco. Un problema che non è solo milanese, certo, perché l'enorme onda di migranti che si sta abbattendo sulla città - e sull'Italia, e sull'Europa - non può di certo essere gestita e risolta senza una regia comune di enti locali, autorità nazionali ed europee.

Ma è anche vero che molte volte, negli ultimi cinque anni, ci siamo trovati di fronte alla stessa foto: la stazione centrale, i bivacchi, il degrado. È quindi inevitabile chiedersi se l'amministrazione Pisapia abbia fatto abbastanza, e come la nuova giunta intenderà affrontare il problema.

Il tema dei profughi è stato ampiamente dibattuto durante la campagna elettorale. Milano ha scelto, e ha votato un sindaco. Ora la palla passa a lui. «Ogni giorno, ogni ora», era lo slogan. Non c'è tempo da perdere. I milanesi aspettano.

ELag

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