C'era una volta lo stadio con i suoi riti, il panino col salame e la lattina di Coca Cola, il cuscinetto e la sciarpa coi colori della squadra, le pastiglie per la gola per urlare di più, il nebbione che nascondeva San Siro e la passione dei tifosi che ti contagiava fin da piccolo. Ora lo stadio si è raffinato e il posto numerato ha sostituito il freddo gradone degli anni '70, ora per acquistare un biglietto bisogna esibire la carta d'identità anche per i bimbi, ora se non sei politicamente corretto in quello che canti ti chiudono l'ingresso e la partita te la vedi, pagando così due volte, con la PayTv.
Ora, dopo la decisione della Lega Calcio di chiudere San Siro per i presunti cori dei tifosi rossoneri contro i napoletani in occasione di Juventus-Milan, era inevitabile che la politica cittadina si mobilitasse.
Ieri pomeriggio il capogruppo di Forza Italia Alan Rizzi ha portato l'argomento in consiglio comunale con un documento che non ha tardato a far discutere e riscuotere consensi anche nel centrosinistra, con i consiglieri Fanzago e Mazzali. Lungi dall'accodarsi al perbenismo tipicamente italico, la quarantina di righe proposta da Rizzi non è solo nostalgia per il calcio di quando a Milano gli interisti e i milanisti erano bauscia e casciavit, ma è soprattutto un duro attacco alla Federazione Italiana Gioco Calcio rea di «aver introdotto la penalizzazione per discriminazione territoriale dimenticando però che l'Italia è il paese dove proprio lo sfottò territoriale all'avversario è pratica diffusa e dai secoli dei secoli fa parte del folklore del gioco stesso». Per Rizzi confondere razzismo e cori goliardici, che sbeffeggiano in modo dissacrante i cittadini di questa o quella città, non è culturalmente corretto. Il messaggio che arriva non è quello sperato.
Una pennellata di folklore in aula. E Pietro Tatarella, consigliere di Fi srotola lo striscione: «Abbiamo solo la nebbia» messaggio autoironico in riposta a quello della curva napoletana «Napoli colera». «Bene la condanna ferma degli episodi di razzismo, anche negli stadi - spiega Tatarella -, ma qui si sta esagerando. Diversi sono la goliardia e lo sfottò che fanno parte del tifo da sempre. Le curve stanno portando avanti una battaglia di libertà».
«Constatare che anche nello sport, la politica e le leggi portano caos invece che ordine, non fa bene a nessuno» continua Rizzi. «E poi dov'è il limite? Chi sancisce la territorialità offensiva? Durante il derby i tifosi si urlano cose indicibili da sempre, ma il territorio è lo stesso. Quindi le offese valgono meno? Chi può dirlo. Paradossalmente causa di discriminazione territoriale potrebbe essere anche un semplice striscione con scritto Milano Siamo Noi».
Alan Rizzi chiude con un appello al buon senso: «per questo motivo chiediamo alla Federazione di sospendere questa decisione e di lavorare seriamente per riammettere negli stadi il tifo sano, quello dei tamburi, dei megafoni, quello degli striscioni, quello che con le sue coreografie e i suoi colori è e sarà sempre una parte attiva dello spettacolo del calcio». Il documento diventerà nei prossimi giorni una petizione popolare aperta a tutti i cittadini, senza distinzioni di fede calcistica o provenienza territoriale.
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