"Stadio, è il solito Sala equilibrista del nulla per paura di perdere"

Il vicepresidente del Senato e tifoso dell'Inter "Per non scontentare, questo sindaco non fa"

"Stadio, è il solito Sala equilibrista del nulla per paura di perdere"

Ignazio La Russa, leader storico della destra milanese e italiana, vicepresidente del Senato, ma anche tifoso dell'Inter, come valuta le polemiche di questi giorni fra il sindaco Sala e la società nerazzurra?

«Anticipo subito che il nuovo stadio per me è un segno di crescita e modernità, e non si può non essere a favore. Ma anche al di là di questo giudizio, quello di Sala è un attacco a testa bassa nei confronti dell'Inter, e serve a nascondere l'incapacità di trovare soluzioni. Non trovando una sintesi, vanno alla ricerca di qualcuno su cui scaricare la colpa. Tipico della sua giunta, ma di tutto il centrosinistra».

Cosa c'è dietro?

«L'immobilismo regna, per paura di scontentare. Per battere il centrodestra Sala ha bisogno di centri sociali e sinistra radicale, e di qualche ambiente non di sinistra. La soluzione è non fare, danneggiando la città. In questo caso il capro espiatorio è l'Inter. Poi c'è la sua scelta verde».

Vuol fare il suo partitino verde: può avere un senso.

«Come opportunismo sicuramente. Ma il guaio è questo: non è che ha idee verdi e sta coi Verdi. No, ormai si ragiona al contrario: lo spazio libero è verde? Bene, divento verde. Fosse stato blu sarebbe diventato blu. D'altra parte Sala nasce nel centrodestra».

Dovrà allearsi coi 5 stelle?

«Anche questa irresolutezza si spiega con l'esigenza di non scontentare nessuno, compresi i 5 Stelle e Rizzo, il signor no, il più lontano da me, l'unico coerente forse, se non altro nel dire no da sempre».

Al progetto si deve dire sì?

«Inevitabilmente devi dare dei vantaggi al privato se vuoi che investa, quindi l'operazione è in parte sportiva e anche immobiliare. I limiti li dà il Comune. Non è accettabile la non-decisione».

Lei cosa farebbe?

«Propongo una cosa fatta in molte città europee. Lasciare anche il vecchio, riservandolo a eventi o a partite di cartello, o a esigenze particolari, basti pensare ora alla percentuale massima di riempimento: un conto è farlo con 30mila posti, altro con 70mila. Mancano gli spazi? Con un po' di fantasia si potrebbe fare. Vorrei fosse esaminata la cosa».

Le pare irriguardoso quanto contestato all'Inter?

«L'Inter non è solo la sua proprietà. Io ero molto attaccato alla gestione Moratti, non ci sono più loro, ma l'Inter non è morta. L'Inter c'è stata, c'è e ci sarà. Scaricare tutto sulla società è irriguardoso e un po' meschino. Se vuoi un'operazione devi farla partire. Come puoi avere la certezza che non cambi la proprietà? L'importante è dotarsi degli strumenti giusti. Quando è stata concepita quella che adesso è la parte di Milano più moderna, Porta Nuova, ricordo quando Lupi la propose. La proprietà allora era in larga parte di Ligresti, poi è cambiata in parte. Chi poteva sapere cosa sarebbe successo? L'operazione è andata avanti lo stesso».

Anche il sindaco è pro tempore, il Comune resta...

«Infatti non so se avremo prima la definizione della nuova proprietà o il nuovo sindaco. Io penso il nuovo sindaco».

Sala ha deluso?

«Gli riconosco un merito. Quello dell'equilibrista. È riuscito a non fare niente di nuovo ma a muoversi da equilibrista su ciò che ha trovato in eredità. Di nuovo ha fatto solo una cosa, disastrosa: quelle ciclabili. E parla uno che non è ostile alla bici, ma qui non volevano aiutare chi pedala, volevano penalizzare le auto, strizzando l'occhio a chi vede nella bicicletta un simbolo».

Ma Sala è dato per favorito.

«Forse perché al momento corre contro nessuno. Gioca a porta vuota. Poi l'uscente parte sempre con un vantaggio».

L'antagonista?

«Ho visto che si parla di Riccardo Ruggiero, che conosco, una persona di valore, come Dallocchio, esponente di un'eccellenza milanese la Bocconi. Ma anche quello che sembrava il candidato della Lega mi è parso perbene. Ci sono almeno quattro figure all'altezza, più una che si è chiamato fuori e che forse Sala temeva di più, Veronesi. L'impegno di Giorgia Meloni, e credo anche di Salvini, è un candidato entro Pasqua o subito dopo».

Per Fdi si impegneranno i deputati?

«Di candidature non abbiano parlato. Stiamo selezionando soprattutto i candidati non di partito, senza tessera, cui riserveremo il 30% della lista».

C'è aria di competizione nel centrodestra.

«Con le preferenze c'è competizione, dentro i partiti e anche fra alleati. L'importante è che sia sana. Obiettivo comune è una giunta che guardi al futuro, come quelle di Moratti e Albertini. Sull'urbanistica, ma anche sulla sicurezza».

Sul Covid la Regione si è messa in carreggiata?

«Non tocca a me dare giudizi, ho solo una remora e la faccio presente senza peli

sulla lingua. Non so se la gestione sia stata buona, so che ha tenuto completamente fuori Fdi. Non c'è una decisione cui siamo stati chiamati a partecipare. Mi astengo dal dare giudizi come si sono astenuti dal coinvolgerci».

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