Furono soltanto tre anni, ma molto intensi di una storia poco raccontata e che ha quasi il sapore della leggenda, un po' come Atlantide, anche se abbiamo più prove rispetto al continente mitologico.
Per la Repubblica dell'Indian Stream, conosciuta anche come la Repubblica del Fiume, s'intende un micro Stato, mai riconosciuto dalle grandi nazioni, esistito tra il 1832 e il 1835. Si formò tra gli Stati Uniti e il Canada, per colpa di un confine poco chiaro, copiato dai cartografi del XIX secolo. Su quello stato cuscinetto, sia il Governo statunitense sia quello canadese esigevano il pagamento delle tasse da quel centinaio di abitanti, tutti immigrati europei che, invece, preferivano impiccare il malcapitato emissario inviato. Il gruppo di coloni europei affermava di avere avuto in concessione quel territorio, non da Guglielmo IV re d'Inghilterra, ma da Metacomet, capo indiano degli Abenaki.
Tuttavia su quell'area geografica ci aveva già messo le mani una società britannica di speculazione fondiaria, che sosteneva di avere acquistato le terre dagli indiani. Poi, al termine della Guerra d'Indipendenza Americana, saltò fuori un'altra compagnia che rivendicava quel lembo di terra, che si estendeva dall'attuale New Hampshire fino al Basso Canada britannico. Ma piuttosto che accapigliarsi, le due fondiarie si accordarono per una concessione gratuita ai coloni, anche se i confini delle proprietà nel frattempo si erano sovrapposti, creando confusione e litigiosità tra i concessionari. Fu soltanto dopo il 1812, quando le compagnie, in difficoltà finanziarie, si unirono e riconciliarono tutte le rivendicazioni fondiarie, mentre sia gli Stati Uniti sia il Canada chiedevano proprietà e tasse. Cosa che non era ancora accettata dai suoi abitanti, che il 9 luglio del 1832 si dichiararono nazione indipendente, ovvero Repubblica dell'Indian Stream o del Fiume, sfruttando gli ambigui confini e le ostilità tra britannici e francesi, a distanza di quasi sessant'anni da quando gli Stati dell'Unione si erano affrancati dalla Corona Britannica. Nacque così un territorio indipendente, che non seguiva le regole né britanniche né statunitensi, si autogestiva in completa armonia con gli indiani, con i quali scambiavano whiskey e fucili con pellami. Secondo le carte, era l'area « con la testa più a Nord-Ovest del fiume Connecticut».
Il fatto più interessante era che nessuno di questi ribelli della autoproclamata repubblica nutrisse ideali particolari o avesse un'identità territoriale da difendere: erano ex coloni fuggiti dalle loro miserie in Europa, stanchi di essere vessati dal fisco, che avevano preso al volo quell'occasione d'indipendenza, seguendo le orme, non ideologiche, degli Stati Uniti d'America che, dopo lo strappo con la Corona britannica, si andavano formando.
I confini tra quelli che sono gli attuali Stati Uniti e il Canada furono decisi col trattato di Parigi del 1783 sulla base di una vecchia mappa realizzata anni prima dal geografo John Mitchell. Il documento si basava su una conoscenza parziale ed errata del territorio. Per delineare i confini tra il New Hampshire e il Nord America Britannico bisognava guardare il tratto più a Nord del fiume Connecticut: tutto quello che stava a Ovest di quel tratto più a Nord era britannico, mentre ciò che stava a Est era statunitense. Sembrava facile, ma le ostilità nacquero immediatamente perché britannici e statunitensi non riuscivano a mettersi d'accordo su dove iniziasse il fiume Connecticut; non era chiaro, poi, se certi corsi d'acqua dovessero esserne considerati l'inizio o invece soltanto affluenti.
Ognuno la vedeva come gli faceva più comodo. Per gli statunitensi il confine doveva essere posto sull'Halls Stream (il fiume più a Ovest), per i britannici il confine andava invece messo qualche decina di chilometri più a Est, in corrispondenza di una serie di quattro laghi chiamati coi numeri da 1 a 4. L'area contesa era attorno alla lunghezza del corso del fiume Indian Stream, una trentina di chilometri. E i coloni che abitavano quell'area (circa trecento anime per 700 chilometri quadrati, pari a tre volte l'Isola d'Elba) si trovarono in mezzo alla disputa. Alcuni cittadini ritenevano che loro fossero parte degli Stati Uniti ma non del New Hampshire. L'assemblea costituente dei coloni aveva prodotto anche una Costituzione. Uno dei redattori della Carta fu Luther Parker, un calzolaio che sapeva leggere e scrivere e che proclamò uno stato «libero, sovrano e indipendente». Però, anche il più bifolco dei coloni sapeva bene che quella micro-nazione non sarebbe durata in eterno. Già nella Costituzione si parlava di «un'amministrazione temporanea» per consentire a quella gente di autogovernarsi in attesa di «accertare a quale governo fosse giusto rispondere». Nel micro-stato non mancava nulla. C'era una scuola che prestava i locali anche al tribunale e alla sede del Governo. I vicini statunitensi guardavano con sospetto e, per dare disturbo ai «bifolchi riottosi» imposero una tassa doganale a qualsiasi cosa entrasse o uscisse da lì, riconoscendone, implicitamente, l'esistenza e la legittimità della repubblica del Fiume.
Per tre anni i suoi abitanti vissero in pace, poi ci mise lo zampino Guglielmo I, re dei Paesi Bassi e mediatore tra statunitensi e inglesi. Stabilì che quell'area era di Londra.
E nell'estate del 1835 la fanteria del New Hampshire, fregandosene del giudizio del re, marciò verso il micro-stato ribelle: né i suoi abitanti né il Canada opposero resistenza agli americani, così la Repubblica del Fiume cessò di esistere, assorbita dal New Hampshire. L'ex micro-nazione si era arresa al gigante americano. Più che il sogno d'indipendenza, era sopravvissuta soltanto per non pagare una doppia razione di tasse.
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