"Miracoli a Milano" in bianco e nero

140 fotografie vintage di Carlo Orsi, prima reporter poi assistente di Ugo Mulas

"Miracoli a Milano" in bianco e nero
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A dare la cifra della cura con cui Palazzo Morando accoglie la grande mostra «Miracoli a Milano» dedicata al talento fotografico di Carlo Orsi (1941-2021) basterebbe sapere che ieri, fin poco prima dell'apertura, la moglie Silvana Beretta sistemava con amorevole discrezione le opere, ora aggiustando una stampa, ora controllando le didascalie. La stessa cura che Orsi, descritto da chi lo ha conosciuto lavoratore instancabile, facile alla commozione eppure di carattere volubile, ha messo in ogni scatto che ha realizzato con le sue Leica. Da oggi e fino al 2 febbraio Palazzo Morando Costume Moda Immagine ospita una mostra fotografica, curata da Giangiacomo Schiavi e Giorgio Terruzzi, con la consulenza di Silvana Beretta e l'organizzazione di Vertigo Syndrome in cui nulla è lasciato al caso: il percorso espositivo, punteggiato di 140 opere in bianco e nero, quasi tutte vintage provenienti dell'archivio personale dell'autore, racconta la carriera di Orsi, prima reporter del Corriere della Sera, Panorama, Oggi e poi assistente di Ugo Mulas (di cui in questi giorni è peraltro in corso a Palazzo Reale una monumentale monografica), con cui condivideva le amicizie di tanti artisti che gravitavano sul Bar Jamaica, a Brera. Dalla metà degli anni Sessanta Orsi sviluppa una fotografia intelligente e ironica, mai banale. Schiavi parla della «rotondità del suo modo di fotografare» per indicare quell'attitudine a tenersi distante dal luogo comune, eppure aperta a mille possibilità. «Carlo sarebbe contento di questa mostra ci dice Terruzzi -: non è stato facile selezionare il materiale in un archivio così sterminato, parliamo di 120mila negativi, molti ancora da esplorare. Carlo ha lavorato tanto tutta la vita, fino alla fine». Lo si capisce dalla varietà dei temi del percorso espositivo, scandito in quattro sezioni: la prima, forse la più efficace, è dedicata a Milano. Terruzzi aggiunge che «questa è una mostra sentimentale» e in effetti è difficile non commuoversi davanti a certe immagini della Milano degli anni Sessanta accostate a quelle di oggi. Il fascino della mostra sta proprio negli accostamenti scelti, negli efficaci dittici che caratterizzano ogni parete: vediamo ad esempio L'ombra del Pirellone, uno scatto del '61, accanto a L.o.v.e, che ritrae la celebre opera del dito medio di Maurizio Cattelan in piazza Affari nel 2015. Gianfranco Maraniello, direttore del Polo museale moderno e contemporaneo del comune, di cui Palazzo Morando fa parte, dice che l'accostamento ha colpito lo stesso Cattelan, che ha definito Orsi «maestro dell'ombra». La sezione successiva, quella sui ritratti, è una strepitosa galleria di volti noti che vanno da Lucio Fontana a Luciano Pavarotti, da Loredana Bertè a Mariangela Melato.

Lo stile raffinato e ironico è riconoscibile anche nei lavori su commissione che la moda e la pubblicità a lungo affidarono a Orsi, sedotti dal suo anticonformismo: li vediamo nella terza sezione. Il percorso si chiude sui reportage dalle parti più lontane e disagiate del pianeta e questo viaggio visivo ed emozionale da Milano al mondo è ben raccontato anche nel prezioso catalogo della mostra (Moebius edizioni).

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