
Anno 1949: il regista Luchino Visconti, che in quegli anni sta già rivoluzionando la storia del cinema italiano con film come «Ossessione» e «La terra trema», si trova a Roma nella sartoria dove stanno preparando i costumi di scena per la sua «Rosalinda» shakespeariana. Tra gli abiti in lavorazione nell'atelier nota un manichino con un ben succinto costume fatto di pochi veli: incuriosito chiede per chi sia e apprende essere l'abito di scena della Kundry del «Parsifal» per una cantante greca da poco arrivata in Italia, Maria Callas. Visconti andò a sentire quel «Parsifal» e fu l'inizio di una grande collaborazione tra il regista e il soprano che segnò la storia dell'opera lirica, con cinque rappresentazioni avvenute negli anni '50 al Teatro alla Scala («Vestale», «Sonnambula», «Traviata», «Anna Bolena», «Ifigenia in Tauride»), considerate pietre miliari del melodramma. Ma fu l'inizio anche di un'altra storia, ricca di affetto, amicizia e grande ammirazione tra Maria Callas e Cristina Gastel, nipote di Luchino Visconti, che seppur giovane accompagnava sempre lo zio regista durante prove e spettacoli milanesi e che da allora condivise con la cantante un rapporto sincero che durò fino alla sua prematura scomparsa avvenuta nel 1977.
«L'incontro e la conoscenza con Maria ha informato la mia attività e la mia vita - racconta Cristina Gastel - e devo all'essere cresciuta sotto la sua ala protettrice il mio amore per l'arte e la musica ma anche la mia maturazione culturale ed umana».
È nelle librerie «Maria Callas. My personal diary» (Moretti & Vitali Editori), l'ultimo libro di Cristina Gastel dedicato alla Callas. Una sorta di diario di memorie in cui si alternano pagine di brevi ricordi a disegni a matita o carboncino, rapidi, estemporanei, talora quasi astratti, in bianco e nero o con un accenno di colore, che delineano un segno del cuore o del pensiero: «Il mio Diario - dice Gastel - nasce come un susseguirsi di immagini riviste come pure emozioni da parte di una bambina dapprima e poi di un'adolescente e di una ragazza, del genio, dell'umanità e della grazia particolare di Maria Callas. Sono momenti, scoperte e persino prese di coscienza di situazioni d'arte altissima e di grande generosità quasi materna, di affetti e atteggiamenti che all'arte si congiungono aprendo un universo nuovo».
L'amicizia e la complicità non erano solo rivolte all'arte ma anche alla quotidianità e alla normalità: «Disegni e parole - aggiunge Gastel - vogliono fermare ed esprimere emozioni artistiche ma anche umane che solo lei sapeva far nascere, in teatro come in un salotto di casa sua o facendo un giro per curiosare tra un negozio e l'altro di una Milano o di una Parigi all'epoca favolose». Cristina Gastel, per ricordare la figura della Callas, nel 1981 realizzò una delle prime biografie del soprano, «Maria Callas. Vita, immagini, parole, musica» (Marsilio Editore), ed anche negli anni seguenti continuò ad omaggiarne il ricordo con una serie di attività tra cui emergono nel 1997 la cura artistica della mostra «Maria Callas alla Scala», presso il Teatro alla Scala, e nel 2007 la direzione scientifica dell'esposizione «Divina! Maria Callas tra Moda e Mito», al Museo di Storia Contemporanea di Milano.
A presentare il nuovo volume «Maria Callas. My personal diary» è Alessandro Quasimodo, figlio del premio Nobel Salvatore, anch'egli scrittore e poeta oltre che attore e appassionato di Maria Callas: «Questo libro - scrive Quasimodo rivolgendosi alla Gastel - si ricollega alla tua esperienza di scrittura con brevi annotazioni su alcuni percorsi del soprano. La tua opera è illustrata da disegni e dipinti che completano il diario.
Sono lavori freschi, spontanei, come piacciono a me, circondato sin da piccolo da opere d'arte. Il vero artista si esprime con leggerezza e disinvoltura. Sono felice che tu abbia realizzato immagini che colpiscono per la capacità di comunicare stati d'animo in modo molto personale».
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