Con tutto il rispetto dovuto, le attenuanti generiche e quel filo di buonafede che si deve a qualunque essere umano, Luciano Moggi si sta autoradiando da solo. É braccato e durante la sua fuga non guarda in faccia nessuno, è comprensibile la sua disperazione, non giustificabile. Il suo primo commento alla notizia di quanto la Procura di Cremona sta scoperchiando, dichiarò che Signori cercava comprensione e perdono: «Ma non li riceverà. Adesso è lui finito nella gogna». Ora alla richiesta di Stefano Palazzi che ha richiesto la sua radiazione, ha tirato un altro colpo, peraltro vero o non vero, abbastanza gratuito. Lo riportiamo per dovere di cronaca: «Al posto mio oggi dovrebbe esserci Meani». Così Luciano Moggi ha concluso il suo intervento presso la Commissione Disciplinare chiamata a decidere sulla sua radiazione. Per informazione Meani era l'addetto agli arbitri in quota Milan. «Meani aveva tanti arbitri e illimitati guardalinee a disposizione - ha continuato Moggi -, all'assistente Babini diceva di alzare e abbassare la bandierina. Se fosse stato intercettato 3 anni e non solo 3 mesi, il calcio sarebbe saltato in area», ha spiegato mimando un'esplosione con un gesto eloquente.
Moggi si è soffermato a lungo anche sui contatti tra Meani e l'ex designatore Pierluigi Collina che «sapeva tutto di tutto. Confrontino quello che ha fatto questa gente con quello che ho fatto io - ha aggiunto - non c'è storia. Oggi mi fanno tutti un monumento per strada, ma all'inizio mi davano del ladro». Nel suo intervento, Moggi, che ha mandato anche una frecciatina all'ex ds della Roma, Franco Baldini, («dovrebbe solo tacere visto che faceva i passaporti falsi»), è tornato a parlare anche delle schede sim svizzere: «La verità, intanto, è che quelle schede non le compravo io, ma erano a disposizione della società. Ci spiavano, ci pedinavano e ci fotografavano. È venuto fuori dal processo Telecom. Per questo dovevamo nasconderci, ma non certo per parlare con gli arbitri. Possiamo costituirci parte civile e chiedere i danni per quello che hanno fatto. La società bianconera non aveva alcun bisogno di manovre oscure per avere successo. Nella finale dei Mondiali 2006 c'erano 10 giocatori della Juventus vincevamo perché eravamo forti.
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