Da almeno 24 ore non si hanno più notizie di Ivan Luca Vavassori, 29enne italiano partito in Ucraina come volontario per combattere al fianco dell'esercito di Kiev. A renderlo noto sono gli stessi gestori delle sue pagine social, le stesse da cui ogni giorno il giovane aggiornava le varie novità dal fronte.
Vavassori, in passato anche calciatore per squadre quali il Legnano e la Pro Patria, ha origini russe. È stato poi adottato da Pietro Vavassori, storico imprenditore piemontese a capo della Italiasempione, e dalla moglie Alessandra Sgarella. Quest'ultima era suo malgrado salita agli onori delle cronache nel 1997, quando è stata rapita dalla 'Ndrangheta e poi rilasciata.
La scelta di partire
“Mia madre era stata rapita, io combatto per la libertà”. Sono queste le parole utilizzate da Vavassori il 4 marzo, giorno in cui ha reso pubblica sui social la sua scelta di partire volontario a favore dell'Ucraina.
In un video successivo, quando aveva già iniziato a combattere al fronte al fianco dei soldati di Kiev, ha ammesso la pericolosità della decisione. “È come una missione suicida – ha dichiarato – siamo pochissime unità contro un intero esercito”.
Il ragazzo, che dopo aver concluso nel 2018 la sua esperienza come portiere si era trasferito in Sud America, era riuscito ad arruolarsi grazie anche al benestare dell'ambasciata ucraina a Roma. È così entrato a far parte del groppo composto da circa ventimila volontari che compone la legione straniera.
Una volta entrato in Ucraina ha assunto il nome di battaglia di Comandante Rome. Da domenica non si hanno più sue notizie. Non solo non ha pubblicato nulla sui social, ma anche le persone con cui è solitamente in contatto in Italia non sono riuscite nelle ultime ore a raggiungerlo telefonicamente.
“Ci dispiace informarvi – si legge sulle pagine social di Vavassori (aggiornate da chi in Italia aveva le credenziali per accedere – che la scorsa notte durante la ritirata di alcuni feriti in un attacco a Mariupol, due convogli sono stati distrutti dall'esercito russo. In uno di questi c'era forse anche Ivan, insieme col 4° Reggimento. Stiamo provando a capire se ci sono sopravvissuti”. Parole che sembrano far presagire poche speranze.
Quegli italiani morti in Ucraina che hanno irritato Mosca
La notizia su Vavassori è arrivata pochi giorni dopo una lettera inviata dal ministero della Difesa russo a Palazzo Chigi. Nella missiva, in particolare, i vertici militari di Mosca hanno sottolineato alla presidenza del consiglio che “almeno 11 combattenti professionisti italiani sono rimasti uccisi in Ucraina mentre partecipavano ad operazioni militari contro forze della federazione russa”.
Il ministero della Difesa russo ha poi specificato di essere a conoscenza della presenza, oltre che degli 11 combattenti morti, di almeno 60 volontari italiani in Ucraina. Di questi, in dieci avrebbero fatto ritorno a casa. Nella lettera Mosca ha specificato che “ai mercenari non si applicano le norme del diritto umanitario internazionale”.
Difficile dire se tra gli 11 italiani uccisi ci fosse pure Vavassori. Anche perché è difficile per il governo italiano confermare la presenza di nostri connazionali in Ucraina. Non esiste infatti una lista di volontari partiti verso le aree del fronte ucraino.
Certo è che già dal 2014 non sono mancati esempi di italiani diretti verso l'Ucraina, sia sul versante filorusso che su quello di Kiev. A fine marzo ad esempio, tra le fila dei separatisti, è morto Edy Ongaro, presente nel Donbass già dal 2015.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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