Leeden prima di Tunisi: "Ci saranno attentati anche in Usa ed Europa"

Il politologo, già collaboratore di Reagan, "prevedeva" l’escalation del terrorismo islamista e ne spiegava le cause. Gli errori di Obama

Leeden prima di Tunisi: "Ci saranno attentati anche in Usa ed Europa"

“Cosa ci dobbiamo aspettare? Bombe, attentati, stragi… in tutto il mondo. Anche in America ed Europa. “È calmo e lucido Michael Ledeen mentre pronuncia queste parole. È mercoledì 11 Marzo, manca meno di una settimana all’attentato di Tunisi perpetrato in queste ultime ore. Siamo nella hall di un grande albergo nel centro di Roma, e il professor Ledeen – già consigliere di Ronald Reagan e di Bush padre, e considerato, negli anni di George W. Bush uno dei padri nobili dei famosi neoconservatori – parla degli scenari della geopolitica mondiale. Una conversazione a ruota libera, che copre, a 360 gradi, un po’ tutti i grandi temi in questo momento sul tavolo, un’intervista che è possibile vedere sul sito de “Il Nodo di Gordio” (www.NododiGordio.org). In primo luogo, ovviamente, il terrorismo jihadista, l’avanzata dello Stato Islamico, Al Qaeda, la minaccia nei confronti dell’Occidente. “Ci odiano – afferma – il problema è che ci odiano. Un odio ideologico, che non lascia spazio a diplomazia e trattative. Per loro, per gli islamisti radicali, noi siamo il nemico. Da colpire in ogni modo e distruggere”. Gli abbiamo appena ricordato che, un anno fa, ci aveva detto che non sarebbe stato difficile fermare l’avanzata dell’IS – allora poche migliaia di uomini tra Iraq e Siria – se solo vi fosse stata la volontà politica di farlo. “La volontà di Washington, in primo luogo – chiosa – perché non possiamo certo aspettarci che i nostri alleati europei agiscano senza la guida dell’America. Al contrario, tendono naturalmente a pensare e a tutelare solo i loro interessi particolari. Ad agire in ordine sparso”. Solo che questa volontà politica non c’è stata… “No. Come prevedevo, Barack Obama ha esitato troppo a lungo. Aveva ed ancora ha paura di andare nuovamente ad impelagarsi in un conflitto, lungo e prevedibilmente dispendioso, in Medio Oriente”. Scuote la testa “E così si sono persi mesi preziosi. Lo Stato Islamico è andato crescendo in forze e come immagine. Ed oggi i jihadisti sono all’attacco anche in Nord Africa, nel Sinai e in Libia per il momento. Ma un po’ tutti i paesi della regione maghrebina sono sotto minaccia di un’escalation del terrorismo e del jihadismo” Dunque adesso è tardi? Gli chiediamo.

“No. Non è tardi. Volendo vi sarebbero ancora ottime possibilità di rintuzzare il fenomeno, di stroncarlo. Vede, la novità rappresentata dallo Stato Islamico, dal Califfato, rispetto ad Al Qaeda e ad altre reti terroristiche, è che ha e cerca un radicamento territoriale. E proprio per questo è più facile colpirlo e stroncarlo. Comunque non va dimenticato che continua ad essere operativa anche la vecchia rete di Al Qaeda, che agisce con i metodi tradizionali dei terroristi”. Dunque, la colpa dell’incancrenirsi della situazione, della metastasi jihadista va attribuita principalmente all’attuale Amministrazione statunitense? “Obama ha totalmente sbagliato politica in tutto il mondo arabo. Fin dall’inizio, fin da quando, nel primo anno del suo mandato, si è recato al Cairo, all’Università di Al Azhar, e ha tenuto quel famoso discorso da molti salutato come di apertura nei confronti del mondo islamico. Mentre era di apertura soprattutto verso i Fratelli Musulmani, i cui vertici erano lì, in prima fila, ad ascoltarlo, come lui aveva voluto. Perché Obama puntava proprio sulla Fratellanza; pensava che con loro fosse possibile un accordo che avrebbe messo in sicurezza tutta la regione e permesso agli Stati Uniti di disimpegnarsi. Che era quello che, come si è visto in Iraq e Afghanistan, lui voleva fare”. E invece… “E invece, le famose Primavere Arabe si sono rivelate un clamoroso fallimento. I Fratelli Musulmani, una volta al potere, non hanno contrastato l’avanzata dei radicali salafiti e del jihadismo. Anzi…” Tant’è vero che poi in Egitto il generale Al Sisi ha rovesciato il governo Morsi… “Già, Al Sisi. Oggi è il miglior alleato degli Stati Uniti e dell’Occidente. È lui infatti che sta contrastando l’IS in Libia e nel Sinai. Ma, e la cosa è abbastanza comica, Obama non lo voleva e ancora non lo vorrebbe. Non lo ama, insomma. E questo perché è la riprova del fallimento della sua strategia”. Anche la Turchia di Erdogan, però, non va d’accordo con Al Sisi… “La politica di Erdogan e del suo ministro Davutoglu era, almeno all’inizio, quella di Obama. Puntare sui Fratelli Musulmani e lasciar loro prendere il potere dopo aver favorito la caduta dei vecchi Rais, come Mubarak e Ben Alì in Tunisia”. Un calcolo sbagliato… “Un errore clamoroso. Non avevano tenuto conto che gli islamisti, tutti, sunniti e sciiti, ci odiano, odiano l’Occidente, la nostra cultura, tutto ciò che rappresentiamo”. Ma adesso Obama sembra cercare l’alleanza con gli iraniani per contrastare l’IS. “Altro errore, che porterà, se perseguito, a dei disastri. Lo Stato Islamico del Califfo Al Baghdadi e lo Stato Islamico Iraniano degli ayatollah sono entrambi nostri nemici. Sono la padella e la brace. Ci odiano entrambi, come vi dicevo”. Dunque non c’è niente da fare? “Oh no. Da fare ci sarebbe moltissimo. E con ottime possibilità di successo.

Perché i paesi governati, in un modo o nell’altro, dai radicali islamisti sono un disastro sotto il profilo sia economico che sociale. Sono, di fatto, Stati falliti o in fallimento. E, nonostante la propaganda lo tenda a mascherare, i popoli vivono male, malissimo, nella miseria e nel terrore. E il malcontento sta montando, cova sul fondo. Si dovrebbe puntare su questo: sul desiderio dei popoli del Medio Oriente e del Maghreb di uscire dal vicolo cieco in cui li hanno condotti gli islamisti. Sul desiderio di una vita migliore. Sull’anelito, sempre più diffuso, alla libertà”. Ma… “ma se si continua, come fa Obama, a trattare con i vertici dell’islamismo radicale, con uomini che ci odiano e vogliono solo distruggerci, non si andrà da nessuna parte. E le stragi, le distruzioni, gli attentati continueranno…”. Professor Ledeen, lei è stato uno stretto collaboratore di Ronald Reagan, lo ha conosciuto bene. Che cosa farebbe Reagan in questa situazione? Sorride. “Oh, se ci fosse ancora Reagan, questa situazione non si sarebbe generata. Tutta la scena mondiale sarebbe completamente diversa. Punto e basta”.

Andrea Marcigliano
Senior fellow del think tank “Il Nodo di Gordio”
www.NododiGordio.org

Estratto dall’intervista a Michael Ledeen. Video integrale su www.NododiGordio.org

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