Sette anni di carcere per aver criticato Aung San Suu Kyi su Facebook

Un cittadino birmano è stato condannato a sette anni di carcere per aver scritto un commento su Facebook nel quale criticava l'ex dissidente politica Aung San Suu Kyi durante il suo incontro con Barack Obama nel 2012

Sette anni di carcere per aver criticato Aung San Suu Kyi su Facebook

Un cittadino birmano è stato condannato a sette anni di carcere per aver scritto un commento su Facebook contro l’esecutivo in carica. Il vero bersaglio delle critiche era però Aung San Suu Kyi, attivista e politica birmana che attualmente ricopre le cariche istituzionali di Consigliere di Stato della Birmania, Ministro degli Affari Esteri e Ministro dell'Ufficio del Presidente.

Il signor Ngar Min Swe è stato condannato ieri dal tribunale birmano per aver scritto delle fake news nei confonti dell’ex dissidente Aung San Suu Kyi, commentando in particolar modo l’abbraccio e il bacio tra Aung San Suu Kyi e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama durante la visita di quest’ultimo in Birmania nel lontano 2012. Un’altra frase denigratoria postata su Facebook dall’imputato e usata al processo contro di lui è stata: "Obama è venuto due volte, Donald Trump non ancora, aspettatevi un bacio ... Venite prima del 2020". L’allusione all’anno 2020 fa riferimento alle prossime elezioni parlamentari che potrebbero ribaltare gli attuali schemi di potere in Birmania. Infatti, il partito di Aung San Suu Kyi (Lega Nazionale per la Democrazia) non sembra essere il favorito stando agli ultimi sondaggi di queste settimane.

Tutto ciò acuisce la grave situazione che sta avvenendo negli ultimi mesi in Birmania, ovvero la gestione della crisi degli Rohingya. La forte repressione del governo birmano nei confronti della comunità degli Rohingya sta facendo tremare il potere di Aung San Suu Kyi.

Basti pensare che nel 2017 sono oltre 700mila i Rohingya fuggiti in

Bangladesh per scappare dalle violenze perpetrate dalle forze armate governative. In merito si è espressa anche l’Onu che ha denunciato la repressione in corso definendola un vero e proprio genocidio religioso.

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