Negli Stati Uniti la California State Assembly dovrebbe votare la prossima settimana una legge che richiederà ai college e alle università di offrire farmaci nei campus per incoraggiare gli studenti universitari ad abortire i loro bambini non ancora nati.
La legislazione, che era stata approvata dal Senato dello Stato con vista sul Pacifico lo scorso gennaio, è una proposta radicale, la prima del suo genere, che secondo i promotori dell’iniziativa, potrà incoraggiare le studentesse ad abortire. "Lo State Senate Bill 320", sponsorizzato dalla senatrice democratica Connie Leyva, richiederebbe alle università pubbliche e alle università della California di rendere disponibile, nei loro centri di salute, pillole abortive fino a 10 settimane dall'inizio della gravidanza delle studentesse.
Il testo richiede, inoltre, che le scuole finanziate dai contribuenti coprano il costo degli aborti nei loro piani di assicurazione sanitaria degli studenti.
Se approvato, il mandato pro-aborto entrerebbe in vigore entro il 1° gennaio 2022.
Leyva e altri attivisti dell'aborto affermano che il progetto di legge dovrebbe fornire un migliore accesso all'aborto per le giovani donne. Tuttavia, la ricerca Californians for Life ha rilevato che la distanza media tra un'università pubblica della California e una struttura per l'aborto è inferiore a 6 miglia.
L'Ufficio Life, Justice and Peace dell'Arcidiocesi cattolica di Los Angeles ha invitato i sostenitori pro-vita a contattare i membri dell'Assemblea e ad esortarli a votare contro.
L'ufficio ha dichiarato che la distruzione dei bambini non ancora nati è uno dei tanti problemi che porta questo disegno di legge. Ha anche espresso timori sulla sicurezza delle donne.
Il 26% degli studenti delle Università della California sono genitori, ma pochi sono informati dei loro diritti o delle risorse a loro disposizione.
"Offrire un aborto nel campus incoraggerà gli aborti e costringerà le scelte riproduttive degli studenti che potrebbero ritenere di non avere altra scelta. Gli studenti-genitori vogliono un sostegno migliore, come l'alloggio e l'assistenza all'infanzia, non più aborti", hanno detto dall’Arcidiocesi.
La legge proposta dalla democratica Leyva non prevede nulla per sostenere le studentesse incinte e le madri che vogliono stare con i loro bambini. Inoltre, la maggior parte dei centri sanitari nel campus non forniscono servizi prenatali o di consegna.
I centri di salute del campus, inoltre, non offrono servizi per il fine settimana o la notte, una preoccupazione che le università pubbliche e le università della California hanno espresso ai promotori della legge abortiva.
Un’altra preoccupazione che è emersa è quella relativa alle complicazioni che possono provocare i farmaci abortivi. Sanguinamento eccessivo, infezione, trombosi, aborto incompleto (che richiede un intervento chirurgico), morte della donna, sono tra le cinque conseguenze principali dell’utilizzo delle pillole abortive.
Un rapporto della Food and Drug Administration del 2017 ha rilevato che in quell’anno sono morte 22 donne, più di 1.000 sono state ricoverate in ospedale e quasi 600 hanno subito gravi perdite di sangue che hanno richiesto trasfusioni dopo aver assunto farmaci abortivi.
Negli Stati Uniti di Donald Trump, dove crescono gli anti-abortisti, che sono diventati, in percentuale, di più degli abortisti, Lila Rose, presidente e fondatrice di Live Action, al Washington Examiner ha detto che il consentire l’aborto "è l'opposto del progresso".
Con la legge, secondo la Rose, si dice alle ragazze californiane "che il prezzo da pagare per stare a scuola è quello di porre fine alla vita dei loro bambini. Questo ricorda un momento buio della storia del nostro paese, quando i datori di lavoro licenziavano le donne in gravidanza a meno che non ricorressero all’aborto".
"L'industria dell'aborto posiziona strategicamente le proprie strutture vicino alle giovani donne e, ovviamente, vicino alle università", ha detto Anna Arend, coordinatrice regionale della California degli "Students for Life of America", che si oppone al
progetto di legge. "Non c'è davvero alcun problema di accesso. È un problema inventato".Di segno opposto, naturalmente, gli attivisti dell'aborto. Sperano che la legge diventi "un modello in tutto il paese, per ogni stato".
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