Come noto, il comunismo tollera malvolentieri le religioni. Infatti, laddove il comunismo è ancora al potere, il rapporto con la religione si fa conflittuale. È il caso della Cina in cui, dopo la creazione della Repubblica popolare nel 1949, le religioni sono state bandite dal Partito comunista cinese; per poi essere nuovamente legalizzate dalla Costituzione del 1982.
Ora, però, il governo centrale avrebbe aggiunto una clausola alla libertà di fede: sì alle religioni purché siano compatibili con il comunismo. E a riguardo, il presidente Xi Jinping apre un altro dossier e stila il “manifesto” sull’argomento, gettando le basi di un’azione mirata da parte del Partito comunista cinese.
Dunque, partendo dal presupposto che la presunta “libertà religiosa” deve obbligatoriamente declinarsi al credo socialista – primo comandamento politico del regime cinese – va detto comunque che le questioni religiose rivestono "una speciale importanza" nel lavoro del Pcc e del governo centrale, come ha tenuto a ribadire lo stesso Xi in un apposito evento del fine settimana, promettendo la totale esecuzione delle politiche del Partito sulla libertà religiosa e aiuto alle diverse fedi per adattarsi alla società socialista.
"I gruppi religiosi devono seguire la leadership del Partito" i cui membri, a loro volta, devono essere "saldamente marxisti atei", invitando alla "vigilanza risoluta contro le infiltrazioni esterne attraverso i significati religiosi", si legge nel resoconto dei media ufficiali. Xi ha invitato a proseguire con gli sforzi per "fondere dottrine religiose e cultura cinese" infondendo "le idee di unità, progresso, pace e tolleranza".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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