Ha parcheggiato la sua auto di fronte all’ambasciata del Giappone in Corea del Sud, a Seul, e ha dato fuoco al mezzo provocando un incendio che avrebbe potuto avere conseguenze letali per le persone presenti all’interno dell’edificio. L’autore del gesto, un uomo sudcoreano di 78 anni, è morto per insufficienza respiratoria dopo essere stato trasportato in ospedale.
Le autorità hanno identificato l’anziano anche se hanno riferito ai media solo il suo cognome: Kim. Adesso la polizia proverà a ricostruire quanto accaduto, ma soprattutto cercherà di capire cosa possa aver spinto l’uomo a compiere un possibile attentato. Il 78enne, infatti, ha guidato con la sua auto fino alla sede diplomatica giapponese e si è fermato proprio sul marciapiede davanti all’ingresso principale della rappresentanza. Kim ha dato fuoco alla parte interna del veicolo, in cui sono state rinvenute una ventina di lattine di gas butano e 40 litri di benzina. L’incendio è stato spento dopo circa 10 minuti.
La polizia sta seguendo una pista che confermerebbe l’intenzione dell’uomo di uccidere membri dell’ambasciata giapponese. Kim, prima di compiere il gesto, avrebbe chiamato un conoscente usando parole ostili nei confronti dello stato giapponese. Perché tutta questa ostilità nei confronti del Giappone? Scavando nel passato dell’anziano, le autorità hanno scoperto che il suocero di Kim fu ucciso dai giapponesi durante la colonizzazione nipponica della penisola coreana avvenuta tra il 1910 e il 1945.
Le tensioni commerciali tra Tokyo e Seul
Ma a scatenare l’ira di Kim, oltre alla vicenda personale, potrebbero essere state le nuove tensioni commerciali tra Corea del Sud e Giappone. Tokyo ha infatti varato una stretta sulle proprie esportazioni verso Seul, con un occhio di riguardo ai materiali necessari per produrre le più importanti tecnologie, che sono, non a caso, uno dei cardini principali dell’economia sudcoreana.
Il Giappone ha applicato una simile restrizione nei rapporti commerciali con la Corea del Sud per protestare contro le sentenze della corte suprema sudcoreana, che aveva ordinato ad alcune aziende giapponesi di risarcire le vittime dei lavori forzati imposti dall’esercito giapponese ai tempi della citata colonizzazione della penisola coreana. Un forte sentimento anti giapponese, unito a drammi personali, potrebbe quindi essere alla base del gesto del signor Kim. Intanto il braccio di ferro tra Tokyo e Seul prosegue.
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