Ha vinto l'austerity. E non nella Germania della Cancelliera Merkel, ma nella Londra di Cameron. Ha vinto un programma chiaro, portato avanti nei mesi di governo anche quando dai sondaggi sembrava che gli sforzi di riduzione del debito avessero avvantaggiato i laburisti e fatto scappare elettori verso l'Ukip di Farage.
David Cameron è il Renzi che manca al centrodestra italiano. Ha saputo guidare i Tory di nuovo sulla strada del numero 10 di Downing Street perché ha combattuto delle battaglie coerenti, ha saputo rischiare quando necessario ed ha scalfito i temi caldi cavalcati dai suoi oppositori con intelligenza e sano senso del rischio. Due esempi su tutti: il referendum sul l'indipendenza della Scozia e quello promesso dell'allontanamento dall'Europa.
Quello scozzese è stato un azzardo. Cameron poteva perdere, la sconfitta lo avrebbe forse indebolito anche se non sconfitto, ma sapeva che la campagna referendaria avrebbe messo in difficoltà i Laburisti. Come è accaduto. Perché in Scozia i Laburisti e il National Scottish Party si dividono da anni i seggi. Anzi, si dividevano. Perché oggi il partito nazionalista scozzese si è affermato come partito (quasi) unico in quei territori dove solo poco tempo fa la maggioranza della popolazione ha scelto di rimanere nel Regno Unito.
Poi la sfida di Farage. L'United Kingdom Indipendent Party era stato lo spauracchio delle elezioni europee. Aveva conquistato 24 seggi all'Europarlamento e si era affermato come il primo partito di Gran Bretagna con il 27,4% dei voti. Cameron lo ha sfidato sul suo campo, cioè l'allontanamento del Regno Unito dall'Europa. Il Premier ha promesso un referendum, carta vincente per riavvicinare qualche elettore affascinato dal profumo di indipendenza emanato dall'Ukip. Certo, il sistema uninominale inglese non ha aiutato il collega di Grillo all'Europarlamento: i suoi due seggi conquistati raccontano un partito che non sfonda, ma nemmeno crolla. Lui ha perso nel suo collegio, non siederà al Parlamento inglese, ma rimane una forza anti sistema che continuerà ad influire sulla scena politica inglese.
Non sono pero solo questi i motivi del successo di Cameron. È la politica economica ad aver vinto. La promessa della riduzione delle tasse, il lungo lavoro di contenimento della spesa messo in atto dal governo inglese, la ricerca di investimenti esteri e il riconoscimento che la finanza della City è un patrimonio che non può essere gettato al vento: "non le volteremo le spalle" hanno detto i leader conservatori dopo la crisi degli ultimi anni. È un trionfo che passa attraverso le persone. Cameron, Boris Johnson e George Osborne. Il primo, ovviamente, perché guida un governo da cinque anni e dovrà continuare a farlo per altrettanto tempo. Il secondo, invece, perché è la mente che ha partorito l'idea di austerità intelligente che ha messo in atto il Regno Unito. Una austerità che sa crescere e che ha riportato la Gran Bretagna tra le poche nazioni europee che possono vantare un segno più sulle statistiche della crescita economica. È dal 2012 che Osborne porta avanti la sua politica dei tagli. È stato odiato per questo e ha rischiato la poltrona. Invece ha avuto ragione lui. Il Regno Unito cresce e i conservatori vincono. Tanto di cappello. Boris Johnson, invece, ha dalla sua la capacità di coinvolgere. È il sindaco di Londra e ha aiutato non poco il suo partito nella rincorsa alla vittoria finale. È il volto popolare dei Conservatives, amato dalla gente: "Sosteniamo la creazione di benessere e l'impresa" - ha detto una volta al Times - "ma ci preoccupiamo che i risultati di questa crescita siano utilizzati per aiutare i più poveri".
Il risultato delle elezioni inglesi è il combinato composto di tutti questi elementi. Economici in primis, ma non solo. La regolamentazione dell'immigrazione, puntando sulle eccellenze straniere - soprattutto italiane - che portano soldi e competenze. La capacità politica della classe dirigente conservatore ha fatto la differenza. Così Ed Millband, leader dei Laburisti, non può che riconoscere una sconfitta cocente: "è stata una notte difficile e deludente".
Per lui sì, ma non per Cameron. Che torna in sella al governo e dovrà mettere mano alle riforme istituzionali. Intanto può vantare di aver dato una sonora lezione ai partiti di centrodestra di tutta Europa: si vince facendo buoni programmi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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