Il de-aging cambierà per sempre il volto di Hollywood?

L'avvento della computer grafica può rendere un film straordinario, ma attraverso il de-aging e la recitazione digitale rischia di cambiare per sempre il volto del cinema

Il de-aging cambierà per sempre il volto di Hollywood?

The Irishman, l'ultima fatica di Martin Scorsese con protagonisti Robert De Niro e Al Pacino, verrà presentato lunedì prossimo alla quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Benché sia il regista che l'attore abbiano duramente criticato l'impiego ringiovanimento digitale - in gergo anglofono "de-aging" - nei film prodotti da Marvel, la critica cinematografica d’oltreoceano ha già notato come nella pellicola di Scorsese compaiano un De Niro e un Al Pacino quasi cinquantenni; con una pelle ben levigata e un generoso sconto sulle profonde rughe d'espressione che due icone di Hollywood come loro possono, anzi devono, potersi permettere all'alba dei 76 e 79 anni di età.

Il merito di questo prodigioso elisir è tutto di un'innovativa tecnologia capace di rielaborare al computer le riprese, per modificare sempre più accuratamente pelle, rughe, lineamenti e aspetto del corpo adeguandoli alle necessità della scena. Una tecnologia che gli stessi attori, recentemente intervistati alla premier di New York, non hanno stentato a definire "fantascientifica": qualcosa che può concedere ad un attore altri "venti o trenta anni" di carriera, e che tra altrettanto tempo potrà permettere all'industria cinematografica di realizzare "cose ancora più incredibili". Il de-aging, come avviene per altre prodezze concesse dall'avvento (o dal sopravvento) della computer grafica nel cinema, avviene tramite l'applicazione di sensori che applicati sul volto e sul corpo dell'attore, permettono di effettuare in post produzione delle migliorie, come il ritocco di difetti o come il ringiovanimento per l'appunto, o addirittura di "modificare" completamente le sembianze di chi recita una parte.

Questo vali sia per impersonare personaggi di fantascienza, come a Benedict Cumberbatch che ne Lo hobbit diventa il drago Smaug, sia personaggi pià realistici. Si pensi a Star Wars "Rogue One" o " A New Hope", dove l'attore Peter Cushing, scomparso nel 1994, viene riportato letteralmente in vita sulla pelle di Guy Henry per interpretare il ruolo del leggendario Governatore Tarkin. Lo stesso valse per il tributo alla principessa Leila Organa: quando Carrie Fisher, scomparsa prematuramente nel 2016 a causa di un infarto apparve in scene digitalizzate nella pellicola di J. J. Abrams uscita l'anno seguente.

Il pluripremiato De Niro, ringiovanito e ben levigato sotto i riflettori The Irishman, non ha potuto non constatare come l'avvento di queste moderne e costose tecnologie - già in uso da diversi anni a Hollywood, ma sempre in film di fantascienza - rischi di cambiare per sempre il volto del Cinema. Deumanizzando gli attori e i film; "La tecnologia può arrivare fino a un certo punto e non cambierà altre cose. E se lo fa arriva a un punto in cui si viene deumanizzati, non si è più esseri umani. Diventa un’altra forma di intrattenimento, come quelle robe dei fumetti, della Marvel". Chi gioca con i sofisticati video games di oggi, avrà ben presente come gli attori del cinema prestino spesso il loro volto e la loro voce in lunghe parti supportate dalla tecnologia digitale, per dare più "fascino" e rendere più realistici i plot storici o fantasy giocabili su consolle. E non è molto diverso da come potrebbe essere girata la scena di un film in futuro: tra chroma key, sfondi completamente elaborati al computer e un attore settantenne riportato ai suoi folgorante trent'anni. Ma saremmo davvero pronti ad sopportare in futuro il sorpasso della recitazione digitale al cinema? Nella visione più distopica del concetto, alcuni attori potrebbero continuare a recitare anche una volta dipartiti lasciando i diritti d'immagine a figli o nipoti. Sembra uno scherzo, o una visione troppo audace nell'alba della recitazione digitale che in dieci anni ha affinato le proprie tecniche ma spesso ci mostra ancora risultati "cartoneschi" - come li ha definiti recentemente De Niro.

Forse qualche cinefilo che si sarà dedicato a questa lettura, si ricorderà di uno stagionato Al Pacino come protagonista di S1m0ne, una pellicola uscita nel 2002 e firmata dal visionario Andrew Niccol. Nel film un regista in crisi, Viktor Taransky, finisce con il dover creare )per merito di una nuova fantascietifica tecnologia) una docile e bellissima attrice capace di ammaliare Hollywood e salvarlo dalla bancarotta. La sinuosa Simone (abbreviazione di Sim-ulation One, ndr), un'alchemica e intercambiabile fusione di Audrey Hepburn e Jane Fonda, con una goccia di Meryl Streep, costa meno e rende di più sulla scena di un'attrice in carne e ossa, puntualmente accompagnata da richieste assurde.

Ora che siamo all’alba di una nuova era di recitazione digitale, sembra assurdo pensare a come la tecnologia sempre più sofisticata potrebbe cambiare il volto di Hollywood tra trent'anni.

Ma 30 anni fa, sebbene i truccatori fossero già in grado di ringiovanire e invecchiare in maniera più o meno credibile le grandi stelle del cinema, nessuno si sognava di poter rendere un attore quasi ottantenne un "giovanotto", e tanto meno di poter riportare in vita, e in maniera così reale, un attore trapassato per contentare il pubblico. Si facevano i casting e sei trovavano nuovi talenti. Che il futuro che ci attende abbia in serbo attori bicentenari o addirittura mai esistiti? Lo vedremo.

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