C'è davvero il presidente russo Vladimir Putin e il suo entourage dietro l'avvelenamento del blogger Alexey Navanly, erronamente descritto dalla maggior parte dei media come "il principale oppositore" del governo russo? Secondo Igor Pellicciari, docente di Storia e Politica degli Aiuti Internazionali presso l’Università di Urbino e all'Università Mgimo per le Relazioni Internazionali a Mosca, uno dei maggiori esperti di Russia nel nostro Paese, Vladimir Putin non avrebbe avuto alcun vantaggio nell'avvelenare Navalny e compromettere così l'immagine di Mosca nel mondo. Soprattutto in una fase storica nella quale tutti gli occhi dei media internazionali e delle cancellerie sono puntati su ciò che accade in Bielorussia.
Come scrive Pellicciari in un'analisi pubblicata su Formiche, innanzitutto Navalny è "personaggio divisivo in Russia", molto più fastidioso per "gli scandali dell’establishment che ha contribuito a scoprire" che per il "suo reale consenso politico", spesso esagerato dai media occidentali. Difficile credere, spiega il docente, che "l’azione sia partita da un ordine del Cremlino" inteso, si badi, "come Vladimir Putin e il ristretto gruppo dei suoi più influenti consiglieri". Per quanto a noi, "comunque attratti dal carisma del Presidente, faccia piacere (e comodo) pensare a una Russia verticista dove ogni decisione è ricondotta a Putin in persona, ci sono elementi che mettono in secondo piano l’ipotesi di un avvelenamento di Stato". Innanzitutto per un danno d'immagine evidente, che ricade direttamente sul presidente russo. Difficile, nota Pellicciari, che "un Cremlino cauto a non bruciarsi l’immagine in Bielorussia decida contestualmente di esporsi eliminando Navalny". Né convince l’ipotesi di Mosca mossa dalla voglia di sbarazzarsi del capo dell’opposizione”. In secondo luogo perché il blogger rappresenta "una spina nel fianco", ma non un "rischio immediato" e il rimuoverlo "avrebbe dei costi molto più alti che tollerarlo come avvenuto in tutti questi anni".
Un trattamento speciale in ospedale per il blogger
C'è poi un altro dato di fatto. Se Vladimir Putin avesse davvero deciso di sbarazzarsi di Navalny, probabilmente quest'ultimo sarebbe già morto e non sarebbe sopravvissuto al tentativo di avvelenamento. E da come sono andate le cose, le autorità russe hanno fatto davvero di tutto per salvargli la vita. Ciò che colpisce, sottolinea Igor Pellicciari, sono soprattutto le "44 ore di ricovero nell’Ospedale di Omsk", dove i protocolli medici usati "sono tutt’altro quelli di chi ha l’occasione d’oro per dare il colpo di grazia alla vittima miracolosamente scampata una prima volta all’attacco". Innanzitutto, sottolinea il docente, Navalny "arriva in ospedale con tempestività inusuale per la Russia", in tutto mezz’ora dopo "la richiesta di soccorso inviata dall’aereo in fase di atterraggio". Non si gioca in sostanza "sul ritardo dei soccorsi, uno degli aspetti logistici più facili da usare in questi case per aggravare la posizione clinica del paziente".
Inoltre, durante il suo ricovero, a Navalny "vengono eseguiti numerosi test diagnostici che verranno passati integralmente (e accettati) al team medico tedesco", permettendo loro di guadagnare tempo ed "avere un’anamnesi completa del paziente, tracciandone l’intera dinamica clinica". Nello specifico, si tratta di 8 esami del sangue biochimici e 11 test di emogasanalisi, 6 esami del sangue generali, 5 elettrocardiogrammi, 25 test del glucosio; 4 test generali delle urine, nonché di una risonanza magnetica. A questo si aggiunge il fatto che appena il blogger russo giunge nell'ospedale di Omsk, viene subito "trattato con iniezioni di atropina che ne stabilizzano la posizione a tal punto che il team medico tedesco continuerà a usare lo stesso farmaco, riconoscendone l’efficacia". Elementi che fanno dunque supporre che dietro l'avvelenamento di Navalny non ci sia la mano del Cremlino.
Berlino: "La Russia faccia chiarezza su Navalny"
Nel frattempo le cancellerie europee continuano a chiedere a Mosca di fare chiarezza sull'accaduto. "Sappiamo bene qui a Berlino, a poche centinaia di metri dalla Charité, l'ospedale in cui Aleksei Navalny si trova, ci sono nuvole oscure sui nostri rapporti" con Mosca, ha affermato ieri il ministro degli esteri Heiko Maas, in conferenza stampa. "Le indagini - continua Maas - devono svolgersi, ma non devono essere una foglia di fico". "Devono essere chiare e trasparenti - aggiunge - e i responsabili devono essere puniti.
Il caso Navalny dimostra che abbiamo bisogno di una politica verso la Russia che sia più attiva, ma anche più diretta verso i nostri interessi. La Russia ha il potere per far sì che le relazioni con l'Ue diventino più positive, tenendo a mente soprattutto quello che accade nell'Ucraina Orientale".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.