Una corte d'appello in El Salvador ha annullato la condanna a 30 anni di carcere per Evelyn Hernandez, una 21enne accusata di avere ucciso il suo bimbo appena nato. I fatti risalgono all'aprile 2016, quando la ragazza aveva avuto un aborto spontaneo nella sua casa nella regione centrale di Cuscatlan. A quei tempi aveva 18 anni ed era incinta di otto mesi dopo avere subìto una violenza sessuale.
Al tribunale che la giudicava per omicidio aggravato, la ragazza aveva raccontato che il feto era nato morto, ma la corte della città di Cojutepeque aveva deciso di condannarla accogliendo il parere dei pubblici ministeri, secondo i quali la giovane non aveva fatto ricorso a cure prenatali. Lei si era difesa dicendo di non sapere di essere incinta e di avere partorito in bagno dopo avere sentito dei dolori addominali.
A pesare sulla condanna decisa dai giudici - confermata poi in secondo grado dopo un dibattimento di otto ore - il fatto che il bimbo sarebbe nato vivo. Quindi la giovane se ne sarebbe sbarazzata gettandolo nello scarico del wc, uccidendolo. A El Salvador la vicenda si era trasformata ben presto in un caso mediatico, amplificato ancora dal fatto che il Paese centro-americano è tra i pochi al mondo a vietare l'aborto in tutte le sue declinazioni.
La legge, infatti, obbliga tutte le donne, anche se minorenni, stuprate o in gravi condizioni di salute, a portate a termine la gravidanza sempre e comuque.
In caso contrario è previsto il carcere dai 2 agli 8 anni, anche se spesso i giudici considerano l'aborto come un omicidio aggravato, punito dal codice penale salvadoregno con la reclusione dai 30 ai 50 anni.La sentenza di annullamento della condanna è stato accolto con grande soddisfazione dall'avvocato di Evelyn Hernandez, Bertha Maria Deleon, che su Twitter ha scritto: "Assolta, ce la possiamo fare".
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