Facebook, polemiche per l'uso del target "Genocidio bianco" nelle inserzioni pubblicitarie

Secondo un'inchiesta della testata The Intercept, il meccanismo di Facebook per la creazione di inserzioni pubblicitarie permetteva fino a qualche giorno fa di targettizzare i propri annunci verso gli utenti che avevano espresso interesse per la nota teoria cospirazionista del genocidio bianco

Facebook, polemiche per l'uso del target "Genocidio bianco" nelle inserzioni pubblicitarie

A due settimane dalla sparatoria alla sinagoga di Pittsburgh, costata la vita ad undici persone di religione ebraica, non accenna a placarsi il dibattito su quanto gli odierni mezzi di comunicazione possano aver - involontariamente o meno - influito nel fomentare l'attuale clima di odio e diffidenza nei confronti del diverso. A dimostrazione di questo, un'inchiesta effettuata da Sam Biddle per la testata online The Intercept è riuscita a mostrare la sostanziale vulnerabilità del social network maggiormente utilizzato al mondo, Facebook, nei confronti di un certo tipo di propaganda di matrice cospirazionista. Fino a pochi giorni fa infatti, se si voleva pubblicare un'inserzione pubblicitaria su Facebook, era possibile selezionare la categoria "Teoria del complotto sul genocidio bianco" tra le numerose opzioni di targeting, in modo da poter indirizzare il proprio annuncio verso quelle persone - stimate dal sistema sulle 168.000 - che avevano già in precedenza mostrato interesse per quel determinato argomento. In seguito, il giornalista di The Intercept è riuscito persino a farsi approvare l'inserzione pubblicitaria - dall'esplicito nome "White supremacy" - dallo stesso social network, ricevendo come risposta un'email di conferma dell'avvenuta operazione.

Nata intorno agli anni '70 nel contesto delle rivalità razziali statunitensi tra suprematisti bianchi e suprematisti neri, quella del genocidio bianco è forse la più celebre delle teorie del complotto diffuse in seno agli ambienti dell'estrema destra americana ed europea, oggi sostenuta in particolar modo negli Stati Uniti da parte della cosiddetta Alt-Right, la destra alternativa nata come movimento underground che giocò nel 2016 un ruolo mediatico di primo piano nella vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali. La teoria narra infatti di come alcuni non meglio specificati poteri occulti - spesso accostati agli ebrei ed al sionismo in chiave antisemita - siano intenti ad influenzare le politiche degli stati occidentali in modo da causare la deliberata estinzione della razza bianca/caucasica attraverso pratiche come l'immigrazione forzata, la legalizzazione dell'aborto e dei matrimoni omosessuali.

Al di la di questo, risulta tuttavia difficile comprendere esattamente in che modo Facebook abbia potuto stabilire coscientemente chi, tra gli oltre due miliardi di suoi utenti sparsi per il globo, avesse delle caratteristiche tali da rientrare all'interno del target "Teoria del complotto sul genocidio bianco". Stando a quanto riportato dalle documentazioni fornite dall'azienda stessa sul proprio sito, categorie di target come questa si basano su parametri come le pagine a cui gli utenti mettono "mi piace" o le attività effettuate, sia fuori che dentro Facebook, relative agli acquisti che si fanno online, ai propri interessi o a come si utilizza il proprio device (smartphone o computer). È possibile dunque che alcune persone siano state inserite automaticamente all'interno del target genocidio bianco senza che esse siano mai state dei sostenitori della teoria, ma semplicemente a causa di una loro interazione con contenuti ad essa relativi o addirittura opposti, ad esempio mettendo "mi piace" ad un articolo di giornale che smentisce l'esistenza della stessa.

Approfondendo però la ricerca delle categorie di target durante la creazione dell'inserzione pubblicitaria, sì è riusciti ad ottenere qualche informazione in più sui probabili altri interessi di quei già citati 168.000 utenti collegati al genocidio bianco. Proseguendo infatti con la selezione, il sistema di suggerimento automatico di Facebook proponeva come parole chiave risultati come RedState e Daily Caller, due popolari agenzie di stampa legate al mondo della destra nazionalista americana, nonché termini correlati al Sud Africa. Una cosa quest'ultima che non stupisce più di tanto, dato che una delle tesi maggiormente portate avanti tra i sostenitori del genocidio bianco è proprio quella che vuole i violenti scontri etnici esistenti tutt'oggi nel paese africano per il controllo delle terre, tra agricoltori sudafricani bianchi e sudafricani neri, come una delle prove della veridicità della teoria. Se si va poi a vedere dove sono dislocati nel mondo quei 168.000 utenti interessati al tema del genocidio bianco, ci si accorge come la stragrande maggioranza di essi si trovi al di fuori degli Stati Uniti, con 157.000 utenti concentrati prevalentemente in Africa ed in Asia, anche se di questi non è chiaro quanti possano essere costituiti da bot o da profili fake.

Cercando di correre ai ripari, Facebook ha prontamente annullato la campagna pubblicitaria "White supremacy" appena un giorno dopo la sua approvazione, cancellando inoltre la cateogoria genocidio bianco dalle sue opzioni di targeting e fornendo a The Intercept una dichiarazione del suo portavoce Joe Osborne, che ha affermato: "Questa opzione di targeting è stata rimossa e sono stati rimossi anche gli annunci realizzati tramite la suddetta opzione. Ciò è contro il nostro regolamento sulle pubblicità e non sarebbe dovuto essere possibile farlo con il nostro sistema informatico. Ci scusiamo profondamente per questo errore." - aggiungendo - "La categoria 'Teoria del complotto sul genocidio bianco' è stata generata da un insieme di revisioni automatizzate ed umane, anche se ogni nuova categoria aggiunta veniva alla fine sempre approvata dagli utenti della piattaforma. Siamo dunque responsabili per i segmenti che rendiamo disponibili nel nostro sistema". Osborne ha poi confermato che la parola chiave genocidio bianco era stata effettivamente già utilizzata dagli inserzionisti, ma solo nell'ambito di annunci considerati giustificabili come quelli relativi alla copertura di notizie sul tema.

Non è peraltro la prima volta che Facebook incappa in questo genere di brutte figure. Nel settembre dello scorso anno un'inchiesta della rivista ProPrublica evidenziò infatti come agli inserzionisti venisse consentito di indirizzare i propri post sponsorizzati a persone che avevano espresso interesse per tematiche quali "Odiare gli ebrei", "Come bruciare gli ebrei" e "Storia di come gli ebrei sono la rovina del mondo", parole chiave queste che però non erano state generate automaticamente dal social network, come nel caso di genocidio bianco, ma provenivano direttamente dalle ricerche effettuate dagli algoritmi del sito nel profili personali degli utenti, selezionando i termini maggiormente utilizzati da questi ultimi. Già all'epoca, il product manager dell'azienda Rob Leathern si scusò dichiarando: "Sappiamo di avere ancora molto lavoro da fare. Per questo ci stiamo impegnando nel costruire nuove barriere di protezione e nuovi processi di revisione per evitare che problemi come questo possano accadere di nuovo in futuro".

Al termine dell'articolo, The Intercept fa inoltre notare un'apparente contraddizione di Facebook. Se infatti in precedenza veniva affermato che la creazione di un inserzione avente come target genocidio bianco non violasse i regolamenti dell'azienda - in quanto basata su una categoria creata dallo stesso algoritmo di Facebook - non si spiega come mai quella stessa inserzione di prova, creata dal giornale per avallare la tesi dell'inchiesta, sia stata successivamente cancellata.

Nella mail che accompagnava la notifica dell'avvenuta cancellazione si può infatti leggere: "Abbiamo esaminato alcuni dei tuoi annunci più da vicino e abbiamo potuto determinare che non sono conformi alle nostre norme pubblicitarie".

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