Rodrigo Duterte, il neoeletto presidente delle Filippine, ha deciso di dare ulteriore potere alle forze dell'ordine: sparare a vista ai sospetti. Non solo. Vuole anche ripristinare la pena di morte, con una particolare preferenza per quella tramite impiccagione. Ritenuta "meno crudele della fucilazione e della sedia elettrica".
Duterte per 22 anni ha guidato la popolosa città meridionale di Davao. Ma da domenica scorsa è passato a quella dell’intero Paese. Nonostante abbia preso in mano uno Stato, non è disposto a cambaire i metodi usati nella cittadina, che gli sono valsi la fama di “punisher”: il castigatore della criminalità e del traffico di droga. Ma chi è il braccio armato del Presidente? Squadroni di vigilantes e polizia speciale. Letteralmente uomini della morte che hanno ucciso, nel governo Duterte a Davao, oltre mille uomini.
Ora la polizia dell'intero Paese potrà dunque sparare a vista. Uccidere indiscriminatamente personaggi del crimine organizzato e a coloro che resistono all’arresto. Ma chi è quello che il Time ha già soprannominato il “Donald Trump dell’Asia”? Un uomo contestato nel passato anche da Amnesty International e dalla Commissione dei diritti umani delle Filippine. Duterte ha 71 anni ed il vincitore delle elezioni del 9 maggio. Non nasconde di essere uno sciupafemmine e ha in mente di riscrivere la Costituzione nel senso di attribuire più poteri al governo rispetto al Parlamento.
Nel 2015, parlando della criminalità e dei furfanti, aveva dichiarato: "Metterli su una barca, magari in cinque, e abbandonarli nel mezzo del Pacifico, così almeno dovranno pescare per guadagnarsi il cibo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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