Un bambino che vive con una coppia eterosessuale, ma che viene rivendicato da almeno un genitore omosessuale, dopo essere stato generato mediante la pratica dell'utero in affitto. Il caso arriva dalla Francia.
L'eco di questa storia, però, ha già sconfinato. Tutto inizia quando una coppia di persone omosessuali cerca di realizzare un desiderio: divenire genitori. E la surrogazione di maternità sembra una soluzione idonea. Anche a Parigi non sono in pochi a nutrire perplessità bioetiche su questa pratica che, di sicuro, genera un "grande business". Vale la pena sottolineare come in Francia, nonostante la svolta in materia bioetica messa in campo dalla presidenza Macron, non esista ancora una legge che tuteli la cosiddetta gestazione d'appoggio. Ma andiamo avanti. Come accade di consueto in queste circostanze, alla prestazione di chi partorisce corrisponde un compenso in denaro: i quindicimila euro pattuiti devono essere versati alla persona disponibile alla gestazione. E fin qui tutto sembra procedere come previsto dalla coppia. Ma qualcosa d'inaspettato accade.
Perché la madre surrogata non è affatto persuasa di consegnare suo figlio nelle mani della coppia. Lei è la madre biologica. Un membro della coppia omosessuale è il padre biologico. Il piccolo ha un padre e una madre, prescindendo per un attimo dalle considerazioni etiche che possono essere fatte sulla gestazione per altri. La mamma, però, opta per una menzogna e per una scelta arbitraria: dopo aver detto che suo figlio è deceduto mentre veniva al mondo, consegna il piccolo a una coppia eterosessuale. Quindi vengono chiamati in causa due nuovi genitori. Gratis? No. Sempre in cambio di 15mila euro. A questo punto inizia quella che Le Figaro, che ha riportato i dettagli, ha chiamato "incredibile battaglia giudiziaria".
Il padre biologico alza le barricate: vuole suo figlio. Alexandre Lerch, che è il nome di questa persona, è consapevole della manovra messa in campo dalla madre surrogata. E inizia a combattere sul piano giudiziario. Per ora la giustizia francese ha deliberato, favorendo la situazione de facto: la famiglia del bimbo è quella in cui vive, insomma.
Attenzione però: potrebbe essere solo il principio di condizioni destinate a creare un precedente giurisprudenziale. Perché si parla di una possibile espressione, successiva a un'eventuale azione giudiziaria, da parte della Cedu. E il parere della Corte europea dei diritti dell'uomo sarebbe di sicuro interessante. I fattori di rilievo giuridico sono molti: dal valore da dare al fatto che esista un legame biologico tra due genitori e un figlio, al confronto che potrebbe innestarsi in relazione alle capacità educative delle due coppie, capacità che potrebbe essere considerate differenti, fino alla stessa legittimità dell'utero in affitto.
Qualche giudizio di carattere morale, invece, è già stato espresso. Maria Rachele Ruiu, attivista del fronte pro life e pro family, ha parlato al Giornale.it di "storia terrificante". E ha aggiunto che al centro di tutto questo ci sono "i capricci di cinque adulti che pensano di poter disporre della vita di una persona, il bambino". Per la Ruiu è lecito parlare di una "nuova epoca della schiavitù, a danno del più debole, come sempre è avvenuto". L'attivista italiana, che è stata la fondatrice del Comitato Difendiamo i nostri figli e che oggi è una referente nazionale di Pro Vita e Famiglia onlus, ha citato pure il "principio di continuità affettiva". Considerando pure l'età anagrafica del piccolo (non è più un neonato), insomma, il fronte pro life sembra concordare con quanto disposto dalla giustizia francese.
Ma la pratica dell'utero in affitto va condannata sempre, viene specificato dalla pro life. La coppia eterosessuale, insomma, non è la "migliore protagonista di questa storia" - fa presente Maria Rachele Ruiu. Perché? "Sono compratori di bambini", viene sottolineato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.