Gli Stati Uniti sono nel bel mezzo di una guerra culturale. Il mondo progressista e quello conservatore sono impegnati in una battaglia che ha il suo terreno di scontro nelle scuole. L’oggetto al centro di queste schermaglie sono i libri. Definiti osceni da qualcuno, volgari da altri e per molti razzisti.
L’ultimo a finire all’indice dei libri proibiti è stato "Maus", la celebre graphic novel di Art Spiegelman sull’Olocausto. Il consiglio scolastico della contea di McMinn, in Tennessee, il 10 gennaio scorso ha deciso di bandirlo dal curriculum di studio di una terza media perché all’interno ci sarebbero immagini inappropriate come dei nudi femminili. La vicenda di McMinn non è un caso isolato. Come tanti piccoli fuochi in molti consigli scolastici si è aperta la battaglia sui libri da vietare.
All’inizio dell’anno nella contea di Spotsylvania, in Virginia, è andato in scena uno scambio emblematico di questa “guerra”. La madre di un bambino si è avvicinata a un microfono e ha spiegato come tutti i ragazzi della scuola siano esposti alla “pornografia”. Nel mirino della donna è finito “Chiamami con il tuo nome” di André Aciman, poi diventato un film diretto da Luca Guadagnino, e “33 Snowfish”. “Cercando nel catalogo online della biblioteca locale”, ha detto la mamma, “ho trovato 172 risultati per libri che includono la parola “gay”, 84 risultati per libri con la parola “lesbica” e soltanto 19 risultati per libri con la parola “Gesù” – ma la metà di questi è sui musulmani”.
Alla donna ha fatto eco un altro membro del consiglio dicendo “penso dovremmo gettare quei libri nel fuoco”. Un’esagerazione che richiama anni bui della storia occidentale, ma che purtroppo ha anche avuto un seguito grottesco. Nel vicino Tennessee un pastore ha letteralmente bruciato i libri di Harry Potter e Twilight con l’accusa di stregoneria. Eccessi che forse offuscano quello che realmente c’è dietro a questa battaglia. L'esito delle riunioni del consiglio ha portato a una massiccia revisione dei libri in mano al distretto: le cinque biblioteche che lo compongono hanno 65mila titoli e per settimane una squadra di 30 persone è stata posta alla revisione dei contenuti ritenuti inappropriati.
La battaglia negli Stati repubblicani
C’è un primo livello, quello politico cavalcato da entrambi i partiti, e poi uno quotidiano, formato da genitori preoccupati per l’educazione dei figli. Partiamo dalla dimensione politica. L’impulso a cancellare i libri non è oggi una cosa solo di destra, o solo di sinistra. Ma il percorso di cancellazione arriva da strade diverse.
Negli ultimi due anni l’universo conservatore ha puntato il dito soprattutto contro i testi della Critical race theory e del mondo lgbt, considerati indottrinanti quando palesemente anti-americani. In molti Stati “rossi” sono spuntate norme e battaglie scolastiche per porre un freno a questi testi, per toglierli dalle biblioteche scolastiche. Si tratta di Texas, Ohio, Wyoming, Utah, Oklaoma, ma anche Florida e la Virginia. Nel Lone Star State c’è il gruppo di repubblicani più agguerrito. Il governatore Greg Abbott ha lanciato un’inchiesta per verificare addirittura “attività criminali” che coinvolgano la “pornografia” nella vuole. Un deputato statale del Gop, Matt Krause ha stilato un elenco di 850 libri sui quali servono “verifiche”. Nel distretto scolastico di Goddard, in Kansas, ben 29 libri sono stati tolti dopo queste verifiche.
Questi controlli riguardano quelli che vengono considerati contenuti espliciti dei libri, che nel caso repubblicano riguardano storie con al centro tematiche gay e abusi sessuali. E così a finire nel mirino ci sono libri come "Il racconto dell'ancella" di Margaret Atwood o "Tra me e il mondo" di Ta-Nehisi Coates. Chiaramente la politica conservatrice punta sulla moralizzazione delle scuole perché sa bene che in un anno elettorale come il 2022 ogni battaglia culturale sarà utile per superare i democratici alle elezioni di metà mandato e metter così in difficoltà una presidenza già traballante come quella di Joe Biden.
I precedenti
Eppure questa battaglia moralizzatrice non è nuova. La lotta a contenuti scabrosi parte da lontano, ma è sufficiente fermarsi agli anni ’80 per capire come i contenuti espliciti, che fanno scandalo, non siano una novità. All’epoca una violenta critica contro il linguaggio esplicito di alcune canzoni di Prince convinse la moglie di un deputato del Tennessee, Al Gore (futuro vicepresidente di Bill Clinton) a ingaggiare una battaglia contro contenuti volgari che portò alla nascita delle famose etichette Parental Advisory sui dischi con contenuti inappropriati.
Un po’ come allora oggi il ruolo dei genitori resta centrale al di là dei movimenti dei partiti. E appunto si gioca nell’azione quotidiana nei consigli scolastici. L’elezione a governatore della Virginia di Glenn Youngkin è un caso emblematico. Nel corso della campagna elettorale Youngkin si è fatto portavoce di quelle famiglie preoccupate per l’educazione dei figli. La pandemia, e soprattutto la didattica a distanza, hanno portato molte madri e padri a stretto contatto con gli studi dei figli e questo ha iniziato ad incrinare il rapporto con l’istruzione e i libri che vengono consigliati a scuola.
Il Washington Post ha raccolto le opinioni di molti di questi “genitori attivi”. Uno di loro Latham, ha spiegato candidamente come “dovrebbe essere una scelta dei genitori esporre i propri figli a contenuti sessuali. Se un libro è in biblioteca, non ho più questa scelta”. Ad onor del vero in molti distretti è possibile per i genitori imporre blocchi chirurgici ai propri figli e le biblioteche sono attrezzate a vietare questo o quel libro al singolo studente. Ma questo per molti non è sufficiente.
Anche la sinistra vieta
A sinistra la situazione non è migliore. Qui la tendenza a voler cancellare o eliminare i libri arriva dalle Università, dai grandi circoli liberal. A finire nel mirino sono stati soprattutto i classici. Due fra tutti sono stati casi emblematici: “Le avventure di Huckleberry Finn” di Mark Twin e “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee. Giudicati troppo bianchi e soprattutto troppo razzisti per avere dignità di lettura e dignità di restare in una biblioteca. Il libro della Lee per molto tempo è stato introvabile in un distretto dello Stato di Washington.
La differenza tra la destra e la sinistra sta forse nei principi che guidano questa battaglia ai libri. Principi che si inseriscono nella grande spaccatura della società americana. I liberal sono concentrati soprattutto in un’intesa opera di riscrittura della storia, nella volontà di cancellare simboli di un passato complesso e a tratti controverso. Pensiamo solo alla battaglia per togliere e rimuovere le statue, ultime in ordine di tempo quella del padre fondatore Thomas Jefferson o del presidente Teddy Roosevelt.
A destra invece ci si concentra di più sulla preservazione del passato. Non è un caso se qualche mese fa il vicegovernatore del Texas sia intervenuto in prima persona per bloccare una presentazione del libro “Forget the Alamo”. Un testo storico che revisiona il ruolo dei patrioti americani uccisi da truppe messicane nel 1854.
Lo spettro dell’anti-intellettualismo
Come abbiamo visto la spinta a voler eliminare i libri parte da molto lontano, ancora prima che la società americana si spaccate così tanto. E si insinua in quella tensione tra élite colte e classi popolari con livelli di istruzione più bassi. Per quasi tutto il Novecento il pensiero americano è stato affascinato dall’antiintellettualismo. Nel 1964, Richard Hofstadter vinse il premio Pulitzer per un libro dal titolo eloquente: “L’anti-intellettualismo nella vita americana”. Un trattato in cui si delinea come in tutta la storia del paese sia percorsa dalla diffidenza nei confronti delle élite e della tecnocrazia. Diffidenza riesplosa con gli anni della crisi e sublimata nell’elezione di un presidente di rottura come Donald Trump.
Oggi il nuovo-vecchio obbiettivo sono i libri. Da cancellare se il passato e ingombrante, o da eliminare se questo rappresenta una critica alle contraddizioni del sogno americano. Quello che è certo è che sta emergendo una nuova classe di famiglie americane che colpite nel vivo vogliono continuare a coltivare l’unicità del mito americano proteggendo i figli dai dolori e dalle violenze del mondo. Un tentativo forse lodevole ma difficile.
Baron Braswell è un consulente finanziario e pastore afroamericano. Ha 60 anni e vive in Virginia. Intervenendo nel consiglio scolastico della sua contea ha chiesto di riammettere tutti i libri, quelli con contenuti sessuali espliciti e quelli più “razzisti”. “Quando ero al liceo negli anni '70”, ha raccontato, “mi sono imbattuto nella lettura di “Huckleberry Finn”e per la presenza della N-Word l’ho ritenuto offensivo, ma i miei genitori non si sono mai lamentati in casa del libro e allo stesso tempo io non ho mai manifestato particolare disagio”. “Sono contento”, ha aggiunto, “che mia madre mi abbia permesso di leggerlo”.
Forse il pensiero di Braswell potrebbe aiutare molti, a
sinistra come a destra, a decidere cosa fare con questo o quel libro “difficile”: “So chi sono, e non lascerò che ‘Huckleberry Finn’ mi definisca come persona, non è mai stato così. Ma era una storia interessante”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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