Dopo il bastone, la carota. «Desideriamo che la nostra partnership e la nostra amicizia siano rinnovate su una base di onestà». Lo ha detto, rivolto agli Stati Uniti, il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier mettendo in scena il secondo atto della crisi euro-atlantica aperta giovedì da Angela Merkel. Con l'espulsione del capo delle spie americane dall'ambasciata Usa a Berlino, la cancelliera ha fatto capire a Barack Obama che la Germania non è più disposta a subire il trattamento da ex colonia che l'intelligence statunitense le ha riservato nell'ultimo anno. Gli ultimi due casi - l'arresto di un dipendente dei servizi segreti tedeschi vendutosi agli americani per 25 mila euro e le indagini contro una spia Usa infiltratasi al ministero della Difesa di Berlino - sono stati poca cosa.
Quello che i tedeschi non hanno digerito è il controllo operato dalla National Security Agency sul traffico del cellulare della cancelliera. Messi i puntini sulle «i», è il tempo di ricucire. Lo vuole il buon senso e soprattutto la contingenza politica ed economica. L'ufficiale di collegamento con la Cia non aveva ancora cominciato a fare le valigie che già Volker Treier, portavoce delle Camere di Commercio e dell'Industria, metteva in guardia dai rischi di una possibile perdita di fiducia delle aziende tedesche nei confronti del mercato americano. Simmetrico il problema con la Russia. Per quanto schierata a Occidente, la Germania non è entusiasta all'idea di nuove sanzioni contro il gigante euroasiatico e primo fornitore di gas all'economia tedesca. E c'è da scommettere che Steinmeier e il segretario di Stato americano John Kerry, entrambi attesi a Vienna nel fine settimana per il negoziato 5+1 sul nucleare iraniano, non mancheranno di parlare al più presto della crisi in Ucraina e dei rapporti con il Cremlino. Il detto «fra due litiganti il terzo gode» non è mai stato tanto vero. Lo ha scritto il settimanale americano Time ricordando come già lo scorso aprile, parlando in diretta alla televisione nazionale, il presidente russo colse nel segno quando rispose a una domanda sullo stato dei suoi rapporti con gli altri leader europei: «È difficile parlare con delle persone che tra di loro bisbigliano anche quando sono a casa per paura di essere ascoltate dagli americani». Berlino chiederà a Washington di riparare alle offese del passato; Barack Obama dal canto suo, insisterà con Angela Merkel perché continui a sostenere le ragioni dell'America contro l'allargamento dei confini russi a danno del territorio ucraino.
È d'accordo Marcel Dickow, dell'Istituto tedesco per la Sicurezza e gli Affari internazionali (Swp). «Non ci saranno effetti negativi di lungo termine sulle relazioni bilaterali», ha spiegato al Giornale. Perché il messaggio dei tedeschi agli americani non è non parlate più con noi, bensì parlateci!. Dagli Stati Uniti - aggiunge - la Germania si aspetta adesso una risposta pragmatica», con un probabile salto di livello delle conversazioni a porte chiuse. Meno ottimista è invece Karsten Voigt, politico socialdemocratico per 14 anni responsabile del «Coordinamento Germania-Nord America» presso il ministero degli Esteri tedesco.
«Gli americani hanno compiuto un grave errore che influenzerà negativamente le relazioni bilaterali», ha spiegato alla Deutsche Welle, osservando anche che il rapporto resterà asimmetrico sotto ogni profilo per una semplice ragione: «Gli americani sono ovviamente molto più importanti per noi di quanto noi lo siamo per loro». La parola torna ai politici: il nuovo punto di caduta è affidato al dialogo fra Merkel e Obama.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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