I dubbi ancora irrisolti sugli attentati di Parigi

Dalla formazione dei terroristi fino alle cellule jihadiste coinvolte: i nodi da sciogliere per comprendere cosa è realmente accaduto in Francia

I dubbi ancora irrisolti sugli attentati di Parigi

Si fanno sempre più fitti i misteri attorno agli attentati di Parigi di venerdì scorso.

I terroristi hanno agito con precisione chirurgica: commandos ben addestrati, capaci di sparare a sangue freddo contro personi inermi. Professionisti del terrore. Questi i fatti. Rimangono però ancora cinque nodi da sciogliere.

  • Il documento diffuso dallo Stato islamico per rivendicare gli attacchi terroristici parla di 8 attentatori. La procura parigina,però, è riuscita a identificarne solo 7. È quindi necessario porsi una domanda: uno jihadista è ancora in libertà? Come si chiede Guido Olimpio sul Corriere: "Uno è riuscito a scappare? Gli islamisti raccontano che i loro compagni hanno prima consumato tutti i loro proiettili, quindi hanno innescato gli ordigni. Li hanno messi a punto usando esplosivo Tatp, noto come 'la madre di Satana', impiegato in molti attacchi e arma gradita ai terroristi in quanto si realizza con materiale reperibile sul mercato civile".
  • Quali sono le cellule europee che hanno aiutato militarmente e logisticamente i terroristi parigini? È ormai assodato l'aiuto della cellula belga, ma potrebbero essercene anche altre dietro gli attacchi di Parigi.
  • I sopravvissuti hanno raccontato che i terroristi si comportavano come uomini delle forze speciali. Agivano lucidamente, sapevano sparare e ricaricare senza problemi. Quelli parigini sono professionisti addestrati in Medio Oriente e forgiati dalla guerra siriana? Oppure, come si chiede Guido Olimpio sul Corriere, "hanno fatto tutto in casa? In passato, in casi analoghi, sono apparse le due 'categorie'. Di sicuro sapevano come sparare, muoversi, colpire pur contro persone indifese, bersagli facili. Fonti britanniche parlano di una 'cellula autosufficiente' composta da reduci della guerra in Siria. E il passaporto trovato al fianco di uno dei killer risulta essere intestato ad un rifugiato siriano registrato a Lesbo (Grecia) il 3 ottobre. Ma sono dati da verificare".
  • Uno dei kamikaze, Ismael Omar Mostefai, era già noto alle forze di sicurezza francesi. Ci sono quindi stati errori, come del resto era capitato anche prima della strage di Charlie Hebdo, nei sistemi di controllo. Cosa non ha funzionato?
  • Infine, sempre nel documento citato, il Califfato parla, tra le zone colpite dai terroristi, anche del 18esimo arrondissement. Questo quartiere, però, non è stato sfiorato dalla furia dei terroristi. Come mai questa discrepanza? Il piano dei terroristi è stato cambiato in itinere? Il documento, si chiede il Corriere, è stato "scritto prima? Doveva scattare anche qui un’operazione degli estremisti? A meno che non estendano i confini dell’area inglobando anche lo stadio di Saint Denis. Sarà interessante capire anche se il giorno X sia stato deciso dagli autori oppure si siano mossi in base ad un ordine di un referente. Le indagini su Charlie Hebdo hanno scoperto un filo diretto tra jihadisti francesi a Raqqa, in Siria, e gli assassini. Indizi fanno pensare che questa sia una delle strade investigative da tener presenti".

Tutte domande alle quali le forze dell'ordine francesi dovranno trovare risposte.

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