A 28 anni ha scoperto di essere figlio di un prete. Oggi è un brillante psicoterapeuta irlandesene di 34 anni e ha fondato Coping international (Coping sta per Children of priests), un’associazione internazionale, riconosciuta dalla Chiesa, nata per offrire supporto psicologico e spirituale ai figli di sacerdoti. Vincent Doyle, in un'intervista a Qutidiano.Net si racconta."Una mattina, mentre rovistavo fra le carte di casa, ho trovato una cartella piena di poesie scritte da lui. Quei versi nei toni erano così simili a quelli che componevo io. È stato come se fosse ancora lì vicino a me. Padre John era il mio papà?, chiesi a quel punto a mia mamma. Le scese una lacrima dagli occhi, era la verità. Quel giorno sarebbe stato il compleanno del mio babbo. Morì nel 1995, io ero dodicenne".
Mai sarebbe stato arrabbiato con quell'uomo, padre John J. Doyle, parroco di Longford, un paesino nella diocesi di Ardagh."Sapevo che le difficoltà che avrei potuto sperimentare, non erano colpa loro. Avendo studiato filosofia, ciò che mi è venuto in mente è il principio di causa ed effetto, coniato da David Hume. Ho esaminato la ragione della segretezza, il motivo del perché era necessaria nella mia vicenda. Mi sono chiesto: questo segreto era un’esclusiva di mio padre o anche altri preti l’hanno sperimentato per i loro figli? Non aveva senso che mio papà fosse l’unico sacerdote ad avere dei bambini, così come non era possibile che fosse il solo presbitero a mantenere in segreto la sua famiglia".
La ragione collettiva per questi segreti, secondo Doyle, è la protezione dell’immagine incontaminata del sacerdote, il sacrificio del celibato non deve essere inquinato. Il 34enne è cresciuto con la madre e il patrigno: "Padre Doyle era il mio padrino. Con lui ho trascorso fine settimana e vacanze. Sono stato benedetto per questo. Oggi mi manca ogni giorno. È morto rimanendo fino alla fine sacerdote. Sapeva che non poteva essere mio papà pubblicamente, ma ha fatto tutto il possibile per mantenere mia madre e me. Voleva essere parte della mia vita. Questo è un aspetto che solleva un problema importante. Il cardinale Sean O’Malley, tra i prelati più vicini a papa Francesco, ha dichiarato: "Se un prete mette al mondo un bambino, ha l’obbligo morale di lasciare il ministero e provvedere alla cura e alle esigenze della madre e del piccolo. In una simile evenienza, il loro benessere è la priorità". Le sue affermazioni suscitano non pochi interrogativi. In che modo gli ex preti si aspettano di crescere una famiglia? Che lavoro potrebbero svolgere una volta che sono stati ordinati 15 anni prima, come nel caso di mio papà? Che cosa può attendersi un uomo di mezz’età?".
Doyle ha incontrato il Papa nel 2014, gli ha raccontato la sua esperienza e"gli ho esposto le difficoltà per un bambino nell’affrontare il segreto di un papà sacerdote, perché si tratta di un nascondimento calibrato sulle esigenze degli adulti, non dei più piccoli. Gli ho ricordato che lui aveva trattato questo tema da cardinale nel 2010, specificando che "i diritti naturali del bimbo vengono prima di quelli del prete".
Infine gli ho consegnato una lettera e lui mi ha promesso che l’avrebbe letta. Alcuni mesi più tardi dal Vaticano mi è arrivata una risposta con gli apprezzamenti del Pontefice per i sentimenti di carità che motivano le mie iniziative e con un suo ricordo nella preghiera".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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