In Iran, le autorità hanno di recente annunciato la messa a punto di una app per cellulari che permetterà ai cittadini di denunciare in tempo reale alla polizia ogni “condotta immorale”.
Il ministro dell’Interno di Teheran, Abdolreza Rahmani Fazli, ha infatti presentato in questi giorni, riporta l’agenzia di stampa nazionale Mizan, un servizio di messaggistica istantanea grazie al quale la popolazione potrà informare immediatamente le forze dell’ordine circa le “violazioni dei canoni del buon costume” commesse dai propri vicini, dai passanti o da stranieri.
Il ministro ha quindi esortato gli Iraniani a utilizzare la app in questione per segnalare alle autorità soprattutto “donne che si tolgono il velo islamico, soggetti che bevono alcol o pubblicano contenuti osceni sui social, individui che organizzano feste con partecipanti di entrambi i sessi”.
La messa a punto di tale servizio di messaggistica, ha precisato poi Fazli, è stata ritenuta necessaria dall’esecutivo Rouhani al fine di contrastare il “dilagare nel Paese di atti contrari ai dettami religiosi”. La propensione della popolazione a osservare comportamenti “immorali” sarebbe il frutto, ha tuonato il ministro dell’Interno, degli “influssi perversi provenienti dal mondo occidentale”.
The Independent, quotidiano online britannico di orientamento liberal, ha subito commentato la creazione della app iraniana diretta a velocizzare le denunce come una mossa del presidente Rouhani finalizzata, da un lato, a “intimidire i soggetti critici verso il governo degli ayatollah” e, dall’altro, ad accattivarsi le simpatie dei vertici musulmani conservatori. Nei mesi precedenti, infatti, il Capo dello Stato, spiega l’organo di informazione, era stato ripetutamente accusato dall’ala dura del clero sciita di essere “troppo tollerante” nei riguardi delle “pratiche devianti” radicatesi nella nazione asiatica in numerose fasce della popolazione, soprattutto tra i giovani.
Gli attivisti iraniani per i diritti umani hanno subito bollato il servizio di messaggistica elaborato dall’esecutivo di Teheran come una violazione “sia di diversi trattati promossi dalle Nazioni Unite, sia della Costituzione del Paese”.
Ad avviso di Mahsa Alimardani, attivista dell’ong umanitaria Article 19, la trovata dell’esecutivo Rouhani contrasterebbe infatti non solo con le Convenzioni Onu che tutelano il diritto dei singoli al rispetto della propria intimità, ma anche con le disposizioni costituzionali iraniane che vietano ai pubblici poteri “qualsiasi ingerenza nella vita privata dei cittadini”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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