L’accusa è di "condotta indecente" e "relazione sessuale inappropriata". È bastata una stretta di mano con l’avvocato ad attirare l’ennesimo anatema sulla disegnatrice e attivista iraniana Atena Farghadani, costretta a subire persino un test di verginità e gravidanza nel carcere in cui è rinchiusa.
L’episodio che ha scatenato l’ira delle autorità giudiziaria della Repubblica Islamica risale a giugno, ma la sezione britannica di Amnesty International lo denuncia oggi nel suo sito, dopo aver appreso i dettagli della vicenda grazie a una direttiva trapelata un paio di giorni fa dal famigerato penitenziario di Evin, a Teheran, in cui si ordinava appunto la visita ginecologica coatta nei confronti della giovane donna. L'attivista 29enne è detenuta da diversi mesi ed è stata già condannata a 12 anni e 9 mesi per "oltraggio" e per "attentato alla sicurezza nazionale" e "diffusione di propaganda a ostile alle istituzioni", a causa delle sue idee anticonformiste e di alcune vignette che hanno preso di mira esponenti del parlamento e la guida suprema in persona, ayatollah Alì Khamenei.
Nell'appello diffuso sul sito, Amnesty International invoca la liberazione della Farghadani, in nome dell’impegno preso dallo stesso presidente Hassan Rohani per il consolidamento d’uno stato di diritto nel Paese, affermando che si tratta di "una prigioniera di coscienza", di una donna che non ha compiuto "alcun vero reato". Una donna, continua la ong, "ingiustamente punita solo per aver esercitato il suo diritto alla libertà di espressione e di associazione".
Prelevata in casa nell’agosto 2014 da un drappello di pasdaran della Guardia rivoluzionaria, custodi dell’anima più intransigente della rivoluzione khomeinista, Atena fu bendata, malmenata e trascinata in carcere dopo una perquisizione e la confisca di oggetti personali e documenti. Rilasciata a novembre è stata poi di nuovo arrestata sei settimane più tardi dopo aver denunciato in un video postato su YouTube i maltrattamenti in cella e gli interrogatori da nove ore al giorno subiti. È seguito un periodo d’isolamento in prigione, senza poter vedere il legale né i familiari, un nuovo rilascio e quindi l’ultima incarcerazione a gennaio, con altre denunce di percosse, l’avvio di uno sciopero della fame di protesta, il peggioramento delle condizioni di salute. Nel frattempo è intervenuta la condanna e la detenzione prosegue. Ma non basta.
A giugno la stretta di mano con l’avvocato difensore Mohammad Moghimi, spiata dalle guardie, ha rappresentato l’inizio di un’ennesima odissea. Moghimi è stato a sua volta arrestato per un gesto bollato dagli inquisitori come "al limite dell’adulterio" e rimesso in libertà nel giro di tre giorni solo dopo aver pagato una cauzione pari a 60mila dollari, ma resta sotto accusa. Come la sua assistita, che rischia un’ulteriore condanna, senza contare l’umiliazione del "controllo" sulla sua illibatezza.
"L'opinione pubblica internazionale - si legge nell’appello di Amnesty - deve unirsi nel chiedere all’Iran che Atena Farghadani sia rilasciata e restituita alla famiglia. Perché lei non ha commesso alcun crimine".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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