Gruppo della Gente della Sunna per la propaganda religiosa e la Jihad. O, più semplicemente, Boko Haram. Due parole che significano “l’educazione occidentale è peccato”. Gli integralisti salafiti sono l’orrore in Nigeria. La fetta nord-orientale del Paese – che corrisponde alle regioni di Yobe, Borno e di Adamawa – è in loro possesso. Terreno conquistato bombardando, sgozzando, mutilando. Non è certo quante siano le vittime di questo esercito di terroristi vicini ad al Qaeda e seguaci dell’Isis, ma le stime parlano di oltre sette mila morti negli ultimi cinque anni. Per non parlare dei feriti e della devastazione provocati dai loro attentati in luoghi affollatissimi, come mercati e stazioni degli autobus.
Il quotidiano nigeriano Thisday, citando i dati del governo, riferisce che nel 2014 il gruppo ha ucciso più di 3000 persone. Ogni volta una carneficina. L’ultima, domenica 14 dicembre, è arrivata in differita ai media mondiali: la Bbc riporta che gli estremisti hanno ucciso almeno 33 persone e ne hanno rapite circa 200 nel villaggio di Gumsuri (nello stato del Borno, che confina con il Camerun). Le cifre sono sempre imprecise: i morti e i sequestrati potrebbero essere anche di più. Quel che è certo è che fra loro ci sono donne, bambini e ragazzi. Ma il raggio d’azione di questi guerriglieri senza scrupoli e senza Dio va al di là dei confini nazionali: Ciad, Niger e soprattutto Camerun sono nel mirino. E proprio qui, al confine con la Nigeria, la forze militari camerunensi da mesi si battono per respingere le infiltrazioni: sempre Thisday fa sapere che – praticamente in concomitanza con l’assalto a Gumsuri – l’esercito del Camerun ha ucciso 116 soldati jihadisti che cercavano di conquistare un loro avamposto. La controffensiva camerunense alla violenza dei terroristi funziona, a differenza degli insuccessi dell’esercito federale. E a proposito, la corte marziale nigeriana ha condannato a morte 54 soldati che si erano rifiutati di partecipare, in estate, a un’operazione per riconquistare tre città cadute nelle mani dei sovversivi. I disertori, colpevoli di ammutinamento, protestavano per la mancanza di armi e mezzi sufficienti per una risposta adeguata. Ma negli ultimi giorni le forze militari nigeriane riferiscono di un’imboscata contro i nemici nel nord-est del Paese. Non c’è però alcuna chiarezza sulla dimensione della vittoria, ovvero del numero di tagliagole morti in questo nuovo round dell’operazione “Nessuna pietà”.
Uccidono, rapiscono, stuprano, saccheggiano, bruciano negozi e attaccano i luoghi sacri: i cristiani sono tra i loro obbiettivi preferiti. Quella di Boko Haram è una furia perenne e medioevale. L’attentato del 14 dicembre è solo l’ultimo di tragica lista poco nota. L’opinione pubblica mondiale scopre la loro esistenza ad aprile quando la setta fa irruzione, di notte, nel collegio di Chibok, facendo prigioniere 273 ragazze. Una parte di loro riuscirà a scappare, ma ad oggi sono più di 200 le adolescenti rapite. E la campagna globale “Bring back our girls” rischia di compiere fra poco un anno di vita senza risultati, senza che queste ragazze possano tornare a casa. D’altronde l’esercito di fanatici di Boko Haram non si sconfigge con gli hashtag. Le radici del movimento terrorista sono ancorate all’inizio del Millennio.
L’organizzazione nacque nel 2002 a Maiduguri (capitale del Borno) su volontà di Ustaz Mohammed Yusuf per contrapporsi alla corruzione dell’Occidente. Nel 2009 il cambio di pelle: Boko Haram si vuole legittimare creando uno Stato Islamico. Il movimento cerca di legittimarsi nel luglio di quell’anno, quando la Nigeria fu teatro di un tentato colpo di stato: il Paese dell’Africa centro-occidentale visse una guerra civile tra le forze di sicurezza federali e gli estremisti, che volevano imporre la stretta osservanza della legge islamica della Sharia. Dal 26 al 29 luglio la Nigeria fu un campo di battaglia: il bollettino di guerra parla di oltre mille vittime, tra cui Yusuf. Ma l’esercito dell’aspirante califfato africano non ne è uscito vinto, anzi. Le stragi di questi 5 anni ne sono la drammatica prova. Il nuovo leader, Abubakar Shekau, sfida la popolazione e il governo e tende una mano al Califfato islamico. E qui veniamo a quel filo rosso sangue che lega Boko Haram ad al-Qaeda e all’Isis e che rende la sua minaccia meno ancorata ai confini della Nigeria.
Dal Califfato islamico al sogno di un Califfato africano. Abu Bakr Al Baghdadi è fonte di ispirazione per Abubakar Shekau, che nei suoi video – oltre a rivendicare gli attentati, smentire la propria morte e minacciare di aver venduto al mercato, per pochi dollari, le studentesse rapite – manda messaggi d’amore ad Al Baghdadi, Ayman al-Zawahiri (numero uno di al-Qaeda) e al mullah Omar, leader dei talebani: “I miei fratelli, che Dio vi protegga”. Se l’esercito nigeriano è in carenza di armi e mezzi per contrapporti al meglio alla furia di Boko Haram, i fanatici possono contare su un arsenale di primo livello. Come fanno a possedere tale dotazione? La risposta all’interrogativo è al-Qaeda. I finanziamenti ci sono e la continua escalation di orrori, sostenuta da un ricco pozzo, ne è la prova. Un’approfondita analisi di Al-Jazeera di qualche mese fa denunciava che l’operato degli integralisti è legato a doppio filo al movimento islamista sunnita paramilitare e alla sua allargata rete di cellule in Africa: il Gruppo Salafita per la predicazione e il combattimento attivo (Aqim), al-Shabaab, Ansar al-Din e il Movimento per l’Unicità e il Jihad nell’Africa Occidentale (Mujao). La cooperazione tra Boko Haram e al-Qaeda è continua e il dialogo nato a inizio 2000 prosegue fino a oggi. Nulla è ufficiale, ma tutto si muove sotto traccia. Al Jazeera racconta dunque che nel gennaio 2012 un portavoce di Boko Haram si è incontrato con i piani alti di al-Qaeda in Arabia Saudita.
Ma la cosa più interessante è datata 2002, quando “Osama bin Laden inviò uno uomini fidati suoi collaboratori in Nigeria per distribuire 3 milioni di dollari ai gruppi salafiti. Si ritiene che il fondatore di Boko Haram, Mohammed Yusuf, sia stato un destinatario di questo denaro”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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