Jihadisti prendono Bengasi: "Ora è un emirato islamico"

I jihadisti di Ansar al Sharia: "Bengasi è sotto il nostro pieno controllo". Cacciati i moderati. Chiuse nove ambasciate: l'Italia resta

Jihadisti prendono Bengasi: "Ora è un emirato islamico"

L’annuncio dei jihadisti di Ansar al Sharia in Libia è di quelli che fanno rabbrividire: "Bengasi è sotto il nostro pieno controllo. Abbiamo proclamato l’emirato islamico". Trasmessa dall'emittente emiratina Al Arabiya, che ha citato un portavoce del gruppo legato ad Al Qaida, la notizia è "ancora tutta da verificare" ma fotografa il disastro in cui è ormai precipitata la Libia del dopo Gheddafi. "È una menzogna", ha replicato Khalifa Haftar, il generale dissidente che da aprile tenta di "ripulire" la Cirenaica dalle milizie islamiste. "Ci siamo solo ritirati temporaneamente da alcune posizioni", ha detto mentre media arabi riferiscono che si sia rifugiato in Egitto con la famiglia: una "tattica", avrebbe sostenuto lo stesso generale, in vista di "una grande controffensiva".

La Libia sta rischiando una nuova sanguinosa guerra civile. E non solo in quella che fu, appena tre anni e mezzo fa, la culla della rivoluzione contro Muammar Gheddafi: anche a Tripoli, dove sono ripresi gli scontri tra le milizie filo-islamiste di Misurata e quelle di Zintan per il controllo dell’aeroporto internazionale, dopo una breve tregua per spegnere l’incendio divampato in due depostiti di carburante centrati domenica da un razzo. Con lo scalo nel caos, i servizi di sicurezza dei paesi vicini (Tunisia, Algeria e Marocco) hanno lanciato un allarme per possibili attentati sulle loro città con gli aerei civili in mano alle milizie armate, tanto da far innalzare lo stato di allerta in diversi aeroporti internazionali. Secondo fonti italiane, una decina di aerei presenti nello scalo sarebbero stati danneggiati nei combattimenti e non sarebbero più in grado di volare. "L'aeroporto di Tripoli è ormai distrutto", ha reso noto il ministro degli Esteri Federica Mogherini fornendo un bilancio degli scontri di oltre 200 morti e 400 feriti tra la capitale e Bengasi. Violenze che si riflettono anche sul piano politico, tra "le fazioni non islamiste che alle elezioni del 25 giugno per il nuovo parlamento hanno ottenuto circa il 50% dei 200 seggi, e gli islamici il 15%".

La nuova assemblea sta valutando di anticipare il suo insediamento al 2 agosto nella più sicura Tobruk, a 200 chilometri a est di Bengasi. Il Congresso nazionale uscente insiste, tuttavia, per mantenere la data del 4 agosto e a Tripoli. "Fino ad allora - ha avvertito la Mogherini - è probabile che gli scontri militari proseguano perché entrambe le parti mirano a rafforzare la propria posizione negoziale".

La fuga in massa dalla Libia non si arresta. Come già nel 2011, alla frontiera tunisina di Ras Jedir si tornano a vedere migliaia di profughi libici ed egiziani in fila per valicarla mentre traghetti e navi da guerra portano via centinaia di greci e 13mila filippini, così come centinaia di cinesi sono partiti via mare verso Malta. In queste ore anche la delegazione europea ha deciso di lasciare Tripoli per la Tunisia. "L’ambasciata italiana è tra le pochissime rimaste aperte, insieme a quelle di Regno Unito, Malta, Romania e Ungheria. Quella della Spagna è senza personale diplomatico ma ancora aperta", ha dichiarato la titolare della Farnesina ringraziando l’ambasciatore Giuseppe Buccino che "in queste ore sta avendo incontri riservati con tutti gli attori locali nel tentativo di evitare ulteriori violenze". "Restiamo in Libia per tentare di avere un ruolo su alcune delle questioni geopolitiche più importanti dei prossimi anni: pace, sicurezza e immigrazione", ha assicurato anche il premier Matteo Renzi che sabato volerà al Cairo per discutere proprio delle crisi libica. Dopo i trasferimenti protetti dei giorni scorsi, a oggi sono ancora 241 gli italiani presenti in Libia: 144 in Tripolitania, 64 in Cirenaica, 33 nel Fezzan, più 45 tra personale dell’ambasciata e istituzionale.

"Da ieri - ha spiegato la Mogherini - siamo impegnati a contattarli uno per uno per offrire la possibilità di rientrare in Italia". Ci sono inoltre 830 italiani residenti stabili. Di questi l’80% ha doppia cittadinanza e la Farnesina ritiene che, come fecero nel 2011, sceglieranno di restare.

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