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Croci spezzate: Kosovo in balia del radicalismo

Croci spezzate e loculi profanati. In Kosovo la furia iconoclasta degli islamisti si è abattuta su un cimitero cristiano ortodosso.

Croci spezzate: Kosovo in balia del radicalismo

Croci spezzate e loculi profanati. Sembrerebbe di essere a Mosul o in una qualunque ex roccaforte liberata dalle barbarie dello Stato islamico e, invece, siamo ad appena 700 chilomentri da Roma. Nell’autoproclamata Repubblica del Kosovo, ancora in attesa di riconoscimento dalla metà degli stati membri dell’Onu ma già prepotentemente proiettata verso l’Europa. Si presenta così, quasi completamente devastato, il cimitero serbo ortodosso di Kosovska Mitrovica.

Nella notte di venerdì, infatti, sono state distrutte oltre il 90% delle tombe ortodosse che si trovano nella parte sud della città. Divisa dagli strali del conflitto in due municipalità antagoniste ed unita, solo apparentemente, da un ponte che è sempre stato teatro di furibonde tensioni. Ultima, in ordine di tempo, quella che ha visto un gruppo di nazionalisti serbi opporsi alla demolizione di un muro costruito proprio a ridosso di quel ponte sull’Ibar che, nelle intenzioni dell’Europa, dovrebbe sancire la normalizzazione dei rapporti tra le due comunità. Nella parte settentrionale, infatti, la maggioranza della popolazione è serba ed ortodossa mentre, in quella meridionale, vivono gli albanesi di religione musulmana. E, con il passare degli anni, al posto di cupole e monasteri che valsero a quel fazzoletto di terra il soprannome di Gerusalemme dell’Est, sono comparsi minareti e moschee finanziati a suon di petroldollari da alcuni dei Paesi sponsor del jihadismo internazionale. Così come scuole coraniche e veri e propri campi di addestramento per foreign fighter.

A scoprire l’accaduto sono state proprio le persone che, dal settore serbo, hanno raggiunto quello albanese per rendere omaggio ai propri cari che giacciono in una terra ormai ostile. L’amara scoperta è avvenuta sabato 3 giugno, in occasione della giornata dei morti, l’unica dell’anno nella quale ai serbi è consentito di recarsi al loro cimitero, costruito in epoca jugoslava nella parte oggi albanese della città. Una fonte de Il Giornale.it che, per paura di ritorsioni, chiede di rimanere anonima ha così commentato la vicenda: “È difficile tradurre in parole quello che ho provato l’altra mattina quando mi sono trovata davanti a ciò che resta della tomba di mio padre, la distruzione del nostro cimitero dà la misura del clima d’odio che si respira qui e della condizione di oppressione in cui siamo costretti a vivere noi serbi del Kosovo in balia dei fondamentalisti”.

Un episodio di violenza interreligiosa che, dai pogrom anticristiani del 2004, non ha precedenti e che riaccende i riflettori sulla crescente

radicalizzazione che sta vivendo la regione balcanica e, in particolare, il piccolo stato del “Kosmet”, avamposto strategico per centinaia di soldati di Allah che, adesso, premono alle porte del Vecchio Continente di ritorno dalle polveriere mediorientali.

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