Beijing, capitale della Cina nelle epoche Ming e Qing, vanta numerosi e pregevoli edifici antichi che oggi rappresentano un vero patrimonio storico e culturale. Nel 1937 l’esercito giapponese invase la Cina, mettendo a ferro e fuoco l’intero paese e ponendo in pericolo queste costruzioni. In quell’epoca in cui l’intera nazione rischiava la sua esistenza, un gruppo di studiosi di architettura completò un compito quasi impossibile: la mappatura sistematica degli antichi edifici lungo l’asse centrale di Beijing, da nord a sud, lasciandoci una registrazione preziosa e senza precedenti della città ormai invasa. In questa storia epica va assolutamente ricordato l’architetto Zhu Qiqian, celebra soprattutto come fondatore della Yingzao Xueshe, la Società di studi sull’architettura tradizionale cinese, la prima struttura accademica professionale della Cina dedita alle ricerche in materia. Yingzao Xueshe è entrata nella leggenda perché, nella veste di ente non governativo e contando soltanto su una dozzina di membri, ha effettuato in una decina d’anni una ricerca a tappeto su quasi duemila antiche costruzioni, gettando non solo le basi della causa dell’architettura nella Cina della metà del XX secolo, ma formando anche la prima generazione di architetti cinesi: nomi come Liu Dunzhen, Liang Sicheng e Lin Huiyin, che nel corso della guerra di resistenza all’aggressione giapponese hanno dato enormi contributi agli studi accademici.
Quando negli anni trenta del secolo scorso il Giappone lanciò la guerra di aggressione controla Cina, il personale della Città Proibita, per evitare perdite e danni ai beni culturali ivi custoditi, avendo la responsabilità di proteggerli, li scortò nel trasloco verso aree sicure. Contemporaneamente, nel 1941, la Società di studi sull’architettura tradizionale cinese iniziò la mappatura degli antichi edifici lungo l’asse centrale di Beijing, messa a ferro e fuoco. Zhu Qiqian era conscio che, con la guerra, ogni edificio della città era in grave pericolo, in particolare le pregevoli antiche strutture in legno, estremamente fragili. Nell’impossibilità di fare previsioni sul loro futuro, la mappatura diventò un compito improcrastinabile. Per la loro conservazione e, soprattutto, per il loro restauro dopo la guerra, Zhu Qiqian fece opera di persuasione, attivando appunto il lavoro di mappatura a scopo conservativo. La Società di studi sull’architettura tradizionale effettuò allora la mappatura di 22 gruppi di edifici e di 87 edifici singoli. I disegni e i dati delle misurazioni di ogni mattone, tegola, trave e pilastro forse sarebbero diventati l’unica prova della loro esistenza. “Beijing era già sconvolta dalla guerra e occupata. Zhu Qiqian ha scelto di non andarsene, è rimasto, per preservarla almeno tramite la mappatura” racconta Wang Zhiwei, direttore della sezione di “Storia della Corte” nella Casa Editrice della Città Proibita. “Il lavoro di mappatura” precisa, “iniziò nel 1941 e durò fino al 1945: tempi lunghi e con una portata enorme. Oggi, quando vediamo la complessità e la perfezione di queste mappe, si capisce veramente che fu tempo speso bene”.
Qualcuno potrebbe chiedersi: con tutti i pregevoli edifici esistenti a Beijing, perché Zhu Qiqian ha scelto proprio quelli lungo l’asse centrale? Perchè era impossibile in soli 4 anni mappare tutti gli antichi edifici della città, sia in termini di manodopera, di materiali, di risorse finanziarie e di tempo, e ciò portò alla decisione di focalizzarsi sull’asse centrale. Come noto, si può considerare Beijing in epoca Ming e Qing un classico dell’antica pianificazione urbana cinese e l’esemplare più completo rimasto finora delle millenarie attività di costruzione di città e capitali della Cina. La cosa che colpisce maggiormente di Beijing è l’asse centrale, lungo 7,8 chilometri, che parte a sud dalla Porta Yongdingmen e raggiunge a nord le Torri della Campana e del Tamburo. Noto come la “Linea della
vita” di Beijing, è l’asse centrale urbano più lungo del mondo. E possiede un proprio ritmo: molti rilevanti edifici, piazze e strade sono disposti ordinatamente al suo interno oppure in modo simmetrico ai lati, al pari del fluttuare di una melodia.
Così Liang Sicheng, il padre dell’architettura moderna cinese, lo definisce: “asse centrale nord-sud di otto chilometri, il più lungo e grande del mondo, che attraversa l’intera città. La magnificenza della struttura di Beijing si deve a quest’asse,
come pure la sua disposizione spaziale simmetrica e l’imponenza che la permea da nord a sud”. Dal 1933 al 1949 circa 13.000 casse di cimeli della Città Proibita furono trasferite da Beijing, Shanghai e Nanchino nelle province del sud-ovest della
Cina. Così, alla fine, tra mille difficoltà, questi tesori della civiltà cinese sopravvissero alle fiamme della guerra. Nel frattempo, anche i vecchi e inamovibili edifici lungo l’asse centrale della capitale sono sopravvissuti grazie alle mappe della Società di studi sull’architettura tradizionale. “Si tratta del primo e unico sforzo pionieristico di mappatura con tecniche moderne delle costruzioni lungo l’asse centrale della capitale, e anche di un grande risultato, nella tutela dell’antica architettura, raggiunto dagli studiosi cinesi durante la guerra di resistenza all’aggressione giapponese”. Wang Zhiwei aggiunge che se la città fosse stata distrutta dalla guerra “grazie a questemappe avremmo potuto ricostruirla, mappe che, in seguito, hanno avuo comunque un enorme ruolo rigenerativo”. Esse sono attualmente conservate presso l’Istituto di studi sul Patrimonio Culturale cinese e il Museo della Città Proibita. Per permetterne una maggiore visibilità, nel 2017 le due istituzioni hanno pubblicato congiuntamente La raccolta di mappe degli antichi edifici lungo l’asse centrale di Beijing.
Sfogliando il volume i lettori di oggi possono ammirare i dati minuziosi in bianco e nero e le immagini tridimensionali a colori delle mappe, precluse al pubblico per oltre settant’anni. Troviamo la planimetria generale, le piante e i prospetti di tutti i maggiori edifici lungo l’asse centrale, con un dettaglio senza precedenti, proprio perchè sono le migliori mappe del genere mai disegnate finora. “Moltissimi particolari sono precisi al millimetro. Nel 2014 l’Istituto di studi sul Patrimonio Culturale cinese e il Museo della Città Proibita hanno iniziato la digitalizzazione delle mappe in loro possesso e nel 2015 la Casa Editrice della Città Proibita le ha riprodotteutilizzando le più avanzate tecniche di scansione”. Wang Zhiwei aggiunge che nel 2017 sono state pubblicate 716 mappe, 355 delle quali conservate presso il Museo della Città Proibita e 299 presso l’Istituto di studi sul Patrimonio Culturalecinese, oltre a 62 mappe dell’anno 1934 conservate presso la Tsinghua University”. “Gli studiosi non sono in grado di difendere la patria sui campi di battaglia, né ripristinarne l’integrità
territoriale” aggiunge con bonaria ironia, “ma possono usare la propria scienza per salvare gli antichi documenti, perchè durino nel tempo insiemeai beni culturali”. Una settantina d’anni fa in Cina la patria era inpericolo, e un manipolo di accademici, resistendoalle pressioni, ci lasciò questa preziosa raccolta di mappe, che fanno rivivere, attraverso millesfumature, l’aspetto originale degli antichi edificie lasciano ammirare la storia secolare dell’asse centrale di Beijing.
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