È una forte critica alla magistratura egiziana, e di conseguenza alla leadership del Paese nordafricano, quella che arriva da Strasburgo, dove il Parlamento si è unito a una condanna diffuso contro la scarsa collaborazione del Cairo, che nonostante abbia promesso di fare tutto il possibile per fare chiarezza sull'uccisione di Giulio Regeni non pare però troppo intenzionata a permettere agli investigatori italiani di fare il proprio lavoro.
La risoluzione che arriva da Strasburgo "condanna con forza la tortura e l'assassinio" del giovane ricercatore italiano, ma difficilmente avrà un peso concreto. Pone tuttavia giustamente l'attenzione su una questione: l'Egitto non sta fornendo "alle autorità italiane tutti i documenti e le informazioni necessarie". Un punto su cui si è espressa solo pochi giorni fa anche la procura romana.
Lunedì la magistratura italiana ha chiesto che al team investigativo (uomini dello Sco e del Ros) presente al Cairo sia fornito tutto quanto è necessario per capire le circostanze esatte in cui Regeni è sparito ed è stato prima torturato e poi ucciso. Agli atti forniti finora mancano quantomeno i dati delle celle telefoniche e i video delle telecamere di sorveglianza presenti sul percorso compiuto dal giovane prima della sua sparizione, il 25 gennaio.
Da Strasburgo sottolineano anche un punto non trascurabile. Chiunque abbia trattenuto e ucciso Regeni - e responsabilità dello Stato sono tutto tranne che escludibili - il caso dell'italiano "non è un incidente isolato ma è accaduto in un contesto di torture, morti in carcere e aumento delle scomparse in Egitto negli ultimi anni".
Accuse che al Cairo continuano a non fare né caldo né freddo.Intanto i pm italiani potrebbero arrivare a breve al Cairo, per un incontro con i colleghi egiziani. L'invito è arrivato direttamente dall'ambasciatore in Italia, Amr Helmy.
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