Non è il momento di donare vaccini al di fuori dell’Europa, soprattutto ora che il virus ha ripreso a correre e che il numero di dosi scarseggia. È questo uno dei temi focali affrontati nel corso dell’ultimo Consiglio europeo; un tema sul quale tutti i leader dell’Ue si sono trovati d’accordo.
L’esportazione di vaccini
Dopo la "strigliata" del premier italiano Mario Draghi all’indirizzo di Bruxelles, l’Unione europea è chiamata a cambiare marcia. Due sono gli imperativi richiesti dai governi dell'Ue all’Europa: fare in modo che la produzione dei vaccini raggiunga un livello superiore a quello attuale e limitare le esportazioni delle dosi in uno dei momenti più delicati della pandemia di Covid-19.
Anche perché, come ha sottolineato Libero, siamo di fronte a un vero e proprio paradosso. L’Ue, che non ha praticamente dosi sufficienti da distribuire ai Paesi membri, ha fin qui pensato bene di spedire i vaccini all’estero. Detto altrimenti, le case farmaceutiche producono i preziosi farmaci all'interno dell'Europa, a secco di fiale, per poi spedirli oltre oceano (e non solo). In tutto questo, Bruxelles resta a guardare.
L’Europa, infatti, esporta in diverse regioni. Quali? Nel Nord America, nonostante qui si fabbrichino i farmaci e nonostante gli Stati Uniti abbiano bruciato le tappe, vaccinando circa 50milioni di cittadini settimane prima della road map prefissata da Joe Biden. Ma anche in America Latina, dove invece non ci sono impianti e i governi, sapendo a cosa sarebbero andati incontro, hanno pensato bene di pagare lauti compensi per aggiudicarsi stoccaggi di preziose dosi. E pure nel Regno Unito, con Londra che pare abbia beffato Bruxelles stipulando accordi migliori con le case farmaceutiche, e nella penisola arabica.
Una strategia da rivedere
Il grosso dei vaccini viene prodotto in Europa, anche se la maggior parte delle dosi finisce altrove. E questo al netto di una emergenza sanitaria in atto e della carenza di sieri. L’azienda Pfizer-BioNTech, ad esempio, realizza un ingente numero di antivirali attingendo a tre stabilimenti. Uno si trova negli Stati Uniti, gli altri nel Vecchio Continente, a Puurs, in Belgio, e a Marburgo, in Baviera. Troviamo poi un altro impianto fondamentale, quello situato a Benelux, non distante da Bruxelles.
Ebbene, Pfizer produce sul suolo europeo ma distribuisce i suoi prodotti – in questo caso i vaccini di Covid – ai Paesi migliori offerenti. Ad esempio, Canada e Messico non hanno ricevuto dosi prodotte negli Stati Uniti, meta sicuramente geograficamente più vicina, ma farmaci made in Eu. Proprio come Israele, il primo Paese al mondo per numero di vaccinazioni effettuate e persone vaccinate.
Non c’è trucco, non c’è inganno.
A quanto pare, i governi capaci di mettere sul tavolo la somma migliore, sono gli stessi che potranno maneggiare i vaccini prima degli altri e in quantità maggiori. Il paradosso è evidente: l’Europa, che avrebbe bisogno di milioni di dosi, esporta quelle stesse dosi all’estero.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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