Le Nazioni Unite hanno in questi giorni annunciato la “conclusione” delle indagini da esse condotte circa l’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, avvenuto il 2 ottobre del 2018 all’interno del consolato saudita a Istanbul. L’organizzazione internazionale, nell’illustrare alla stampa i risultati degli accertamenti in questione, ha quindi avanzato forti accuse a carico del governo di Riyad.
L’équipe Onu recatasi lo scorso 28 gennaio in Turchia al fine di ricostruire la luttuosa vicenda fin nei minimi dettagli ha ultimamente comunicato di avere ormai a disposizione “prove sufficienti” ad attribuire a “ufficiali della Casa reale saudita” la “pianificazione” e l’“esecuzione” dell’omicidio di Khashoggi. In un incontro con i media occidentali svoltosi di recente a Ginevra, Agnes Callamard, funzionario a capo del gruppo di investigatori internazionali, ha infatti stabilito, sulla base delle informazioni raccolte grazie alla collaborazione con le autorità di Ankara, che nell’uccisione del giornalista del Washington Post sarebbero stati coinvolti “almeno 15 agenti speciali di Riyad”, tra i quali figurerebbe anche un “ufficiale medico”. Ad avviso della Callamard, sarebbe stato proprio quest’ultimo a eseguire lo “smembramento” del corpo dell’editorialista ucciso.
Il capo dell’équipe Onu ha quindi accusato la Casa reale del Paese mediorientale di avere ripetutamente cercato di “ostacolare” le indagini sulla morte di Khashoggi e di avere più volte “senza giustificato motivo” negato agli investigatori internazionali l’accesso al consolato saudita a Istanbul, teatro dell’assassinio. Le autorità della nazione araba avrebbero persino provato a “ripulire” la scena del crimine e a “distruggere” file audio e filmati utili a fare luce sulla dinamica dell’omicidio.
Nonostante abbia ripetutamente addossato la responsabilità della morte del giornalista a “ufficiali della Casa reale saudita”, la Callamard, durante la recente conferenza stampa svoltasi a Ginevra, non ha mai menzionato il principe Mohammad bin Salman, indiziato dalla Cia di essere il “vero mandante” del delitto. Il funzionario delle Nazioni Unite si è infatti limitato a formulare accuse “generiche”, senza mai rivelare l’identità della “mente” dell’evento sanguinoso.
Le dichiarazioni del capo degli investigatori Onu non hanno per il momento provocato alcuna reazione da parte dell’esecutivo di Riyad. Quest’ultimo ha avviato nei mesi scorsi un’“indagine parallela” sulla morte dell’editorialista, la quale si è conclusa, alla fine del 2018, con il rinvio a giudizio di “11 criminali”, tutt'ora bollati dalle autorità del Paese arabo come “gli unici responsabili” dell’uccisione del giornalista.
I soggetti indagati dalla magistratura della nazione mediorientale rischiano la “pena di morte”, ma le accuse a loro carico sono state più volte etichettate dai media occidentali come “montate ad arte” e come intese a “sviare l’attenzione internazionale dalle gravi responsabilità a carico della Casa reale nel quadro del caso-Khashoggi”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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