L'Irlanda non ha concesso migliaia di visti ai pakistani cattolici che desideravano partecipare all'Incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Dublino dal 21 al 26 agosto e vedrà la partecipazione di Papa Francesco.
Il motivo addotto dalle autorità irlandesi è legato alla preoccupazione che i fedeli pakistani, una volta ottenuto il via libera all’ingresso sul territorio dell’isola, non ritornino più nel loro paese d’origine dopo l'evento.
Per questa preoccupazione i consolati d’Irlanda a Karachi e Islamabad, dopo avere analizzato le ragioni del viaggio in Irlanda, la situazione familiare, economica ed occupazionale dei richiedenti, il motivo del viaggio e l'alloggio che avrebbero trovato una volta arrivati sull'isola, hanno negato il visto alle circa 10 mila famiglie che desideravano partecipare all’evento e che avevano preparato la domanda per ottenere il visto.
Le autorità d’Irlanda, tuttavia, hanno fatto di “tutta l’erba un fascio”, nel senso che hanno respinto i visti anche dei religiosi che desiderava partecipare all’evento e dei pellegrini selezionati dall'arcivescovo di Karachi, il cardinale Jospeh Coutts (creato cardinale da Papa Francesco durante il concistoro del 29 giugno scorso), che aveva dato "garanzie" per loro.
Molti fedeli si sono indignati per come sono state gestite le procedure. "Questa è una cospirazione per estorcere denaro a persone che sono già emarginate in un paese con una popolazione a maggioranza musulmana", ha dichiarato ad AsiaNews Samuel Sarfraz, un impiegato nel campo farmaceutico della città di Multan (che si trova nel Punjab).
"Se la politica doveva essere quella di respingere tutti i pakistani, perché hanno chiesto una tassa per il trattamento dei visti", ha denunciato Sarfraz. "Volevamo solo vedere il nostro amato Santo Padre" e per questo l’uomo ha venduto un terreno per raccogliere le 300 mila rupie pakistane (pari a circa 2.130 euro), necessarie per pagare la richiesta, non rimborsabile, dei visti per la sua famiglia (formata dalla moglie e da tre bambini).
In Pakistan fanno parte della Chiesa cattolica circa un milione di persone che rappresentano meno dell'1% della popolazione totale. Nel paese asiatico la Chiesa cattolica gestisce più di 500 scuole, una cinquantina di ostelli e una trentina tra college, istituti tecnici e centri di catechesi.
Il Pakistan è la terra natale di Shahbaz Bhatti, il primo cattolico che è diventato ministro federale per le minoranze nel 2008 ma che è stato assassinato, in odio alla sua fede, il 2 marzo 2011.
Il Pakistan oltre a confermarsi poco affidabile per i suoi passaporti (l'indice Henley Passport 2018 lo classifica come quint'ultimo peggior passaporto al mondo per i viaggi internazionali, dopo Somalia, Siria, Afghanistan e Iraq), è anche una terra dove la Chiesa cattolica continua a essere perseguitata.
Il governo ha recentemente permesso l'imposizione di leggi legate alla Sharia in alcune parti della Provincia della Frontiera del Nord Ovest a scapito dei non musulmani.
Il Pakistan è l'unico paese al mondo con una "legge sulla blasfemia" che prevede la pena di morte. La costituzione pakistana, inoltre, non permette ad un non musulmano di diventare presidente, primo ministro o di assumere una delle undici posizioni governative più importanti del paese.
La situazione in Pakistan si è deteriorata a tal punto che dal 2013 un gran numero di cristiani ha iniziato a chiedere asilo all'estero, nonostante i cristiani siano stati pubblicamente riconosciuti dal governo del Pakistan per il loro contributo
all'istruzione, ai servizi per la comunità, in particolare nel settore della sanità pubblica.Addirittura nel 2013 il Pakistan Post aveva emesso un francobollo commemorativo per il 150° anniversario della Pakistan Bible Society.
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