Pakistan, in aumento le vittime cristiane della legge sulla blasfemia

I gruppi islamici radicali in Pakistan sono sempre più violenti contro i cristiani, ma il governo chiude gli occhi

Pakistan, in aumento le vittime cristiane della legge sulla blasfemia

Il caso più famoso è quello di Asia Bibi, la bracciante agricola condannata a morte perché, durante una lite per una brocca di acqua potabile il 14 giugno del 2009, è stata accusata dalle sue colleghe di aver offeso il profeta Maometto. Ma come lei sono tantissime ormai, in Pakistan, le persone vittime della legge sulla blasfemia, che punisce con l’ergastolo o la pena di morte chi offende l’Islam. I cristiani, che in Pakistan rappresentano circa il 2% della popolazione, sono uno dei principali obiettivi di questa legge. E di una persecuzione, da parte dei gruppi islamici radicali presenti nel Paese, che va avanti ormai da molti anni.

“La situazione è sempre peggiore” conferma padre Gilbert Shahzad, intervistato da ilGiornale.it, in occasione del suo intervento come relatore al convegno “Genocidio dei Cristiani. La Jihad da Oriente a Casa nostra”, organizzato dall’associazione Umanitaria Padana Onlus e dall’associazione Pakistani Cristiani in Italia, che si è svolto lunedì scorso alla Camera dei Deputati. “Gli attentati rivendicati dai talebani o dai gruppi terroristi islamici contro le famiglie cristiane e contro l’esercito sono in aumento” afferma il sacerdote, che accusa il governo locale di non fare abbastanza per arginare questo fenomeno, perché, dice “ha paura di affrontare il problema”. Un problema, quello della persecuzione dei cristiani in Pakistan, che sta assumendo dimensioni preoccupanti e che tocca molti aspetti della società. Come è stato riferito durante i lavori del convegno infatti, ai cristiani viene negata la possibilità di acquistare una casa, di ascoltare musica sacra, di condurre attività commerciali, di ricoprire incarichi pubblici. Abitazioni e chiese cristiane sono state date alle fiamme a Gojra, Shantinagar, Lahore, Johnabad e Mardan. Molte donne e bambine cristiane vengono spesso rapite e forzate alla conversione all’Islam. La sola accusa di blasfemia, inoltre, giustifica le violenze più esagerate: come quella verso una coppia di cristiani, Shazad e Shama, di 24 e 26 anni, arsi vivi nella fornace di una fabbrica di argilla da una folla di musulmani, il 4 novembre del 2014, perché accusati di aver bruciato delle pagine del Corano.

Il problema della diffusione dei gruppi radicali, seguaci degli insegnamenti integralisti di teologi come Mulana Mawdudi, in Pakistan è una realtà consolidata, come spiega padre Shahzad: “nessuno di questi gruppi ha mai dichiarato di essere collegato all’Isis, ma non è inconsueto in Pakistan sentire alcuni parlamentari esprimersi a favore dei Talebani o dei fondamentalisti”. Si tratta inoltre di gruppi che secondo il sacerdote, sono ben finanziati. “Non sappiamo chi li finanzi, ma sappiamo che anche dall’Italia partono dei finanziamenti”, spiega padre Shahzad, “perché a finanziare questi gruppi contribuiscono tutti i musulmani”. Quelli “fanatici”, ovviamente, come li definisce il sacerdote.

“I pakistani che arrivano in Italia” afferma don Shahzad, “sono perlopiù di religione islamica e pertanto non fuggono dalle persecuzioni ma arrivano qui per lavoro, e spesso appartengono a gruppi religiosi legati all’Islam radicale”. Tra coloro che arrivano in Italia è molto difficile al contrario, trovare cristiani pakistani in fuga dalle persecuzioni. “Non possono emigrare”, spiega padre Shahzad, “perché sono poveri e per uscire dal Paese servono migliaia di dollari”. “In più per i cristiani” continua il sacerdote, “arrivare in Europa è pericoloso, perché dovrebbero passare attraverso Paesi come la Libia dove rischierebbero la vita a causa della presenza dell’Isis”. Per questo la maggior parte di loro si rifugia in Sri Lanka o in Thailanda, dove sono 30.000 cristiani pakistani che si rifugiano dalle persecuzioni.

Quella per l’abolizione della legge sulla blasfemia e l’applicazione della libertà religiosa è dunque la battaglia politica principale per i cristiani pakistani. Ma non è una battaglia facile. E c’è già chi ha pagato la proposta di modifica della legge con la vita.

Si tratta del governatore del Punjab, Salman Taseer, ucciso da una delle sue guardi del corpo, e di Shahbaz Bhatti, ministro per gli Affari delle Minoranze, assassinato ad Islamabad per essersi dichiarato contrario alle leggi sulla blasfemia in vigore in Pakistan.

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