La pena di morte, negli Stati Uniti, è arrivata al bivio. Continuerà ad esistere, ma l’iniezione letale potrebbe essere eliminata dalla Corte Suprema, che ne sta vagliando la costituzionalità.
Il dibattito sulla punizione capitale è vivissimo, non da oggi e non solamente negli Usa, ma le ultime esecuzioni – ancore più scioccanti per il lungo tormento vissuto dal condannato prima di morire – hanno stimolato un nuovo e approfondito ragionamento. Clayton Lockett, giustiziato l’aprile scorso, è morto dopo 43 minuti di agonia. E il suo non è un caso isolato.
Così tre detenuti dell’Oklahoma, destinati a subire l’iniezione, hanno fatto ricorso chiedendo la sospensione della procedura: si tratta di Richard Glossip, John Grant e Benjamin Cole.
Sotto i riflettori c’è il cocktail letale di farmaci somministrato. L’indiziato numero uno è il midazolam, un sedativo, ritenuto non essere sufficientemente potente da coprire il dolore delle iniezioni seguenti (sostanze che rilassano i muscoli e fermano il respiro e il cuore).
La Corte suprema potrebbe dunque dichiarare l’iniezione letale punizione troppo crudele, con la conseguenza di rivoluzionare le modalità della pena di morte negli States. I giudici potrebbero comunque mantenere in vigore la modalità, rivedendone però i protocolli.
L’iniezione è il principale metodo d’esecuzione, ma negli
ultimi anni stanno inoltre venendo meno i farmaci per realizzarla: le aziende europee produttrici, in disaccordo con l’utilizzo finale di quei farmaci, hanno ridotto sensibilmente lo smercio verso le carceri oltre Oceano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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