Clima incandescente nella martoriata Libia. Il tribunale militare di Misurata ha condannato a morte il generale Khalifa Haftar, che nei giorni scorsi aveva annunciato la propria candidatura alle elezioni presidenziali del 24 dicembre. La condanna, in contumacia, è stata pronunciata in relazione a un raid avvenuto nell'agosto del 2019 contro l'Air defense college della città, nel quale morì un soldato. Oltre ad Haftar sono stati condannati altri sei ufficiali dell'Esercito nazionale libico. La procura militare libica ha chiesto l'arresto di Haftar anche in relazione ad altri cinque casi in cui sarebbe rimasto coinvolto, tra il 2019 e il 2020. L'emittente al-Ahrar non fornisce dettagli sui reati commessi, ma afferma che ''sono punibili con il carcere fino a cinque anni''.
L'uomo forte della Libia
Capo dell'esercito che controlla due terzi della Libia e ha base in Cirenaica (governo parallelo a quello di Tripoli), il 23 settembre si era sospeso dalle funzioni di comandante della "Libya National Army" per potersi candidare alle presidenziali. La legge, infatti, impedisce ai militari di candidarsi.
La corsa per la presidenza
Sono novantotto le persone che hanno presentato la propria candidatura alla presidenza libica presso l’Alta commissione elettorale libica: tra i nomi più in vista il primo ministro di transizione Abdul Hamid Dbeibah e il figlio di Gheddafi, Saif al-Islam Gheddafi. Quest'ultimo però è stato escluso perché accusato di aver commesso crimini di guerra.
Tra gli esclusi anche l’ex premier Ali Zeidan, l’ex presidente del Congresso generale nazionale Nuri Boushamin, il segretario di Gheddafi Bashir Saleh. Gli esclusi hanno 12 giorni per presentare ricorso. Come riporta il Libya Observer sono ancora in corsa il presidente del Parlamento, Aguila Saleh, e l’ex ministro dell’Interno Fathi Bashagha.
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