Quelle mascherine bloccate in Turchia: 200mila ferme alla dogana di Ankara

Ferme alla dogana turca dall'inzio di marzo 200mila mascherine destinate all'Italia perché il governo di Erdogan non da l'ok all'export. La denuncia delle aziende al Corriere: "Pagate e bloccate ad Ankara da 15 giorni"

Quelle mascherine bloccate in Turchia: 200mila ferme alla dogana di Ankara

Duecentomila mascherine ferme all’aeroporto di Ankara, bloccate dal governo turco. Sono state commissionate a fine febbraio dalla Regione Emilia Romagna alla Comitec, azienda italiana che si rifornisce dalla turca Ege Maske. Un colosso che produce ogni giorno 1milione di dispositivi Fpp2 e Fpp3. L’epidemia di coronavirus in Italia era appena iniziata e negli ospedali c’era bisogno di assicurare a medici e infermieri gli strumenti per proteggersi dall’infezione. Quelli prodotti dalla Ege soddisfano gli standard richiesti e così la Comitec ne ordina una prima fornitura da 200mila per cui paga cash 670mila euro.

Si rivolge ad un azienda turca, anche la Sol Group di Monza, che ordina 90mila pezzi ad una fabbrica locale per proteggere i suoi operatori che assistono i malati di coronavirus a domicilio. Le mascherine vengono prodotte e in pochi giorni sono pronte per essere spedite già il 5 di marzo. Ma, come riferisce il Corriere della Sera, il carico resta fermo all’aeroporto di Ankara. È il governo turco a bloccare la spedizione: c’è bisogno dell’autorizzazione del Ministero del Commercio Estero e della Sanità perché il contenuto dei pacchi possa arrivare in Emilia e in Lombardia.

Nel frattempo i numeri dei contagi in Italia crescono, le terapie intensive degli ospedali del nord sono sotto pressione e le mascherine, ormai introvabili, iniziano a scarseggiare anche per il personale sanitario. Ad intervenire è l’ambasciata italiana ad Ankara. Ma, come racconta Milena Gabanelli sul Corriere, il colloquio dei nostri diplomatici con il viceministro della Sanità turco non porta a nulla. La promessa del governo di Recep Tayyip Erdogan è che entro due giorni i lasciapassare sarebbero stati prodotti. E invece dopo più di dieci giorni i documenti ancora non si vedono.

Sullo sfondo della vicenda c’è il braccio di ferro politico tra Turchia e Ue sui migranti, che evidentemente si estende anche ai beni di prima necessità. Lo dimostra il fatto che le ditte turche, che producono milioni di pezzi al giorno, stanno offrendo al governo forniture gratuite di centinaia di migliaia di dispositivi se solo arrivasse l’ok alle spedizioni oltre confine. Ferme alla dogana, infatti, ci sarebbero anche carichi destinati ad altri Paesi. Le aziende italiane, secondo il quotidiano di via Solferino, avrebbero annullato finora ordini per 27 milioni di euro.

A nulla è servita neppure la telefonata del premier Giuseppe Conte ad Erdogan. Il presidente del Consiglio è intervenuto martedì scorso, ma la situazione è ancora congelata. Le mascherine non partono e le aziende non possono farsi restituire i soldi perché di fatto l’ordine è stato consegnato. La Turchia non è l’unico Paese ad aver deciso di bloccare l’esportazione di mascherine con l’emergenza coronavirus. Misure analoghe sono state prese dai governi di Russia, Kazakistan, Ucraina, Romania, Ungheria e in un primo momento anche da quello tedesco.

"Se le notizie che giungono dalla Turchia fossero confermate sarebbe un atto contro l'Italia di portata inaudita", accusa il deputato di Forza Italia, Matteo Perego, che ha chiesto al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, di intervenire in modo risoluto per sbloccare la situazione.

"Dietro non ci sono motivi di sicurezza sanitaria – accusa il deputato azzurro - ma un braccio di ferro tra Europa e Turchia ormai non più sopportabile, che evidenzia però una criticità: l'errore dell'Italia di non aver prodotto e tenuto in casa materiale strategico e di dover dipendere quindi da rifornimenti essenziali prodotti in altri Paesi".

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