Le uova da 50 dollari e il boom di prezzi che può costare caro a Biden

Tante piccole storie dall'America profonda raccontano di come gli Stati Uniti fatichino a tenere il passo con l'aumento dei prezzi. Così la vicenda di un piccolo ristorante in Texas spiega perché i dem possono perdere le elezioni di metà mandato

Le uova da 50 dollari e il boom di prezzi che può costare caro a Biden

Una confezione di uova può costare molto cara a Joe Biden. Se c’è un incubo che aleggia nei cuori e soprattutto nei portafogli degli americani è sicuramente l’inflazione. L’aumento dei prezzi a livelli che non si vedevano da oltre 40 anni è diventato la priorità numero uno per la presidenza. In questi giorni il Congresso si prepara a votare un pacchetto speciale per cercare di frenare l’aumento dei prezzi. Gli economisti sono scettici sull’efficacia immediata del pacchetto. Forse, dicono, qualche risultato arriverà nel 2023-2024. Ma per ora i prezzi non scenderanno.

L’economia degli Stati Uniti è surriscaldata da mesi e gli americani devono fare i conti con una quotidianità sempre più cara. L’effetto di questo fenomeno è chiaro soprattutto nell’America profonda, quella lontana dalle coste, quella dimenticata. A Sabinal, piccolo villaggio di 1.600 anime nella contea di Hill, Texas meridionale, c’è un piccolo ristorante, un barbecue restaurant, il R-BBQ. Da una ventina di anni lo manda avanti Robert Rodriguez. “Nel 2001”, ha raccontato al New Yorker, “una confezione da 180 uova costava otto dollari, adesso è arrivata quasi a 50”. Un boom violento per una piccola attività sperduta nell’infinità del Lone Star State.

Il peso dell'inflazione nell'America profonda

Raccontare la storia di Robert è utile perché è solo in questa America di frontiera che si capisce quanto un fenomeno del genere ha un impatto sulla vita delle persone. Persone che poi si recano alle urne a votare. Dal febbraio 2020 quando è esplosa la pandemia fino ad oggi, l’indice dei prezzi è andato crescendo, passando da una crisi all’altra. I ristoranti sono stati i più colpiti per l’alta volatilità del prezzo del cibo, in particolare i locali come il R-BBQ che servono grandi quantità di carne lavorata.

Nel primo anno di pandemia il prezzo della carne bovina è aumentato del 20% spinto dal blocco delle catene di fornitura ma anche dai focolai di Covid che si sono sviluppati in diversi impianti di lavorazione e confezionamento della carne. Tyson Foods, una delle aziende più grandi dietro alla lavorazione della carne ha raddoppiato i suoi profitti nel primo trimestre del 2022, mentre il resto della filiera che scende verso i piccoli consumatori ha subito il contraccolpo, con decine di ristoranti che hanno chiuso i battenti.

Per settimane il R-BBQ si è chiesto come affrontare il problema. L’aumento dei costi è stato fin da subito fuori discussione. “Molti dei miei clienti”, ha spiegato Rodriguez, “sono studenti delle superiori, disoccupati o pensionati”. In queste cittadine disperse nel cuore del Texas i BBQ sono un luogo di aggregazione, un centro sociale con prezzi contenuti per i redditi più bassi.

La stessa Sabinal, un pugno di case con due semafori e poco altro, non fa eccezione. Per questo motivo il capo del R-BBQ ha deciso di provare una strada nuova: ridurre le quantità senza toccare i prezzi. Gli economisti chiamano questa tecnica shrinkflation, in parole povere si chiama inflazione nascosta: pago la cifra di prima per avere di meno. La svolta ha però indispettito i clienti e Rodriguez alla fine ha deciso di tornare sui suoi passi.

Che il R-BBQ sia un luogo centrale per le persone che lo frequentano è dettato anche dal ruolo che ha avuto durante la pandemia. Per qualche mese è stato il centro di tutto: rivendita di cibo a lunga conservazione e di beni di prima necessità, ma anche luogo di ritiro degli ordini online. Poi sono arrivate le riaperture e la stangata da parte dei fornitori.

Oggi tutto costa: chi porta cibo e materie prime mette in conto a Robert l’aumento del costo della benzina impattando sui conti del locale, dei clienti e dei lavoratori. Sì, perché in queste zone lontane da tutto, chiunque si muove in auto. Alcuni clienti abituali hanno iniziato a uscire di meno. C’è chi vive a una ventina di miglia e ha ridotto gli spostamenti non necessari. E c’è chi, come uno dei cuochi, ha deciso di licenziarsi per trovare lavoro sotto casa ed evitare di muoversi in auto. Dal canto suo Robert ha deciso di iniziare a ridurre i giorni di apertura, basta il sette su sette e sì a un turno di chiusura.

Quando abbiamo riaperto dopo tre giorni solo due dei sette clienti abituali del mattino si sono presentati

L’ultima stangata è arrivata con l’estate. Una fetta di clienti che era solita fermarsi al R-BBQ transitava da Sabinal per andare in gita lungo il Frio River. Ma, da quando il cambiamento climatico ne ha prosciugato le acque, sempre meno persone si fermano lungo la strada. A inizio luglio l’ultima doccia fredda. L’unico cuoco rimasto si è ammalato e la mancanza di sostituti ha costretto il ristorante a chiudere. “È stata la prima volta in vent’anni di attività. Quando abbiamo riaperto dopo tre giorni solo due dei sette clienti abituali del mattino si sono presentati”. “Ho pianto”, ha confessato Robert, “Sto perdendo tutto, ho lavorato duramente per fare in modo che le persone venissero qui, e ora che ho la mia clientela sono costretto a chiudere”.

I redditi più colpiti

A oltre 1.600 km più a est, a Jacksonville, Florida, Tanya Byron tenta di resistere all’aumento dei prezzi, tra la benzina a quattro dollari a gallone e un hamburger a cinque. “Guadagno 42mila dollari l’anno come agente di viaggio e tutto quello che riesco a permettermi è un monolocale”. Secondo i dati più recenti la crescita degli stipendi prosegue, ma non ai ritmi dell’inflazione. Solo a Jacksonville in un anno gli affitti sono aumentati del 23%.

Dan Sichel, economista del Wellesley College ha spiegato a Npr come i beni colpiti dall’inflazione siano quelli più comuni, ma anche che “in genere cibo, benzina e case rappresentano una quota maggiore della spesa totale per le famiglie a basso reddito rispetto a quelle con entrate più alte”. La spiegazione è banale quanto disarmante. Chi ha redditi e portafogli più piccoli tende a pagare di più articoli simili. Perché ad esempio non possono accedere a negozi più economici, o approfittare di sconti stagionali, come le confezioni convenienza.

Il peso sul voto

La cassa di uova di Robert e l’affitto di Tanya non sono questioni banali in vista delle elezioni di metà mandato. Il tema economico resta la prima preoccupazione per la maggioranza degli americani. Secondo una rilevazione di YouGov per l’Economist per il 66% degli americani lavoro ed economia sono i temi più importanti al momento. Molto più di cose come la politica estera o il cambiamento climatico.

Il 5 agosto il dipartimento del Lavoro ha pubblicato i nuovi dati sull’occupazione. Un vero e proprio boom con 528 mila nuovi posti, un dato che ha superato le attese visto che le stime parlavano di 258 mila posti. Si tratta di un valore che riporta il numero degli occupati al livello che c’era nel febbraio 2020, prima dello scoppio della pandemia. Cifre che possono far respirare Biden, ma che non dicono tutto.

Sempre secondo i dati, infatti, i salari medi sono aumentato in un mese solo dello 0,47%, 15 centesimi quindi, facendo segnare un +5,22% in un anno. Un buon numero che però non basta a superare l’inflazione, +9,1% annuale a giugno.

Al momento il piano dei dem al Congresso per frenare l’aumento dei prezzi, unito anche a provvedimenti sul clima e sul costo di farmaci e cure mediche, gode del plauso degli elettori, circa il 70% si dice molto favorevole. Ma gli effetti dalle parti di Sabinal non arriveranno in fretta, forse nel 2024, quando per il R-BBQ potrebbe essere troppo tardi.

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