Scegliere tra il dialogo e lo scontro

Nel 1970 coloro che in Italia vollero lo stabilimento delle relazioni con la Cina erano guidati dalla convinzione che la partecipazione della Cina alla società mondiale fosse indispensabile, per assicurare pace e stabilità su scala globale

Scegliere tra il dialogo e lo scontro

Il 6 novembre 1970 Roma e Pechino riannodarono ufficialmente il filo delle relazioni tra Governi, ma l’affinità esistente tra il popolo italiano e quello cinese non era mai venuta meno. Dopo la sua istituzione nel 1949, furono molteplici i segnali, politici ma non solo, che dall’Italia si rivolsero verso la Repubblica Popolare Cinese: dai partiti della sinistra, da settori del mondo cattolico, dall’associazionismo imprenditoriale e culturale, nonché da singole personalità come Pietro Nenni, Amintore Fanfani, Aldo Moro, Giorgio La Pira, Enrico Mattei. Tutti costoro erano pienamente consapevoli delle differenze valoriali tra i due Paesi e della rispettiva collocazione internazionale. Furono, tuttavia, guidati dalla convinzione che la partecipazione della Cina alla società mondiale fosse indispensabile per assicurare pace e stabilità su scala globale a fronte di uno scenario reso turbolento dalla Guerra Fredda. Particolarmente significativa fu l’opera di Pietro Nenni, che fin da principio sostenne le ragioni della “normalizzazione”.

Relazioni bilaterali

Nel 1955 Nenni si recò a Pechino in un viaggio ricordato ancora oggi nella sua importanza per i futuri rapporti bilaterali. Potette saggiare in prima persona l’amicizia tra i popoli cinese ed italiano, gettare le basi per il successivo riconoscimento, promuovere gli scambi culturali ed economici tra i due Paesi. Tredici anni dopo, mentre si tesseva la tela del progressivo riavvicinamento tra USA e Cina, una circostanza che ancora appariva perlopiù inimmaginabile, la nomina di Nenni alla Farnesina impresse una forte accelerazione ai negoziati per il riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese da parte italiana fino al formale avvio delle relazioni nel 1970. Relazioni che molto si sono giovate di una regolare e discreta attività di diplomazia parlamentare, che ha coinvolto esponenti di pressoché tutte le forze politiche italiane e si è concretizzata anche in frequenti visite a Pechino e nelle province cinesi. Tutto ciò ha permesso ai membri del nostro Parlamento di conoscere direttamente la realtà cinese e le sue istituzioni, osservando i notevoli cambiamenti del Paese nel breve volgere di mezzo secolo. Nell’arco di questo periodo il rapporto bilaterale è molto evoluto.

Dove nasce l'amicizia tra Cina e Italia

La realtà di oggi è profondamente diversa e ben più complessa che negli anni ’70 del novecento. Non c’è luogo al mondo dove queste differenze e tanta complessità siano più visibili che nella Cina contemporanea. Eppure, lungo questo percorso di nette trasformazioni ci sono delle costanti che da principio qualificano le fondamenta del legame tra Italia e Cina: il retaggio dell’amicizia tra i rispettivi popoli; e il rispetto per i tanti contributi che generazioni di italiani e cinesi hanno recato al progresso dell’umanità in molteplici campi. Questi presupposti ispirano, oggi come in passato, il dialogo tra Italia e Cina e la cooperazione che i due Paesi portano avanti, anche in risposta a comuni sfide globali: siano esse contingenti, come il contenimento della pandemia e il suo rapido superamento ovunque nel mondo; o di lungo periodo, come il cambiamento climatico, la salvaguardia del multilateralismo fondato su regole, un’equa riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Al contempo, la prioritaria dimensione economico-commerciale del nostro partenariato sarà fondamentale nel rilancio dell’economia mondiale. Le gravi ripercussioni dell’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del COVID-19 sono sotto gli occhi di tutti. Italia e Cina condividono l’interesse a creare i migliori presupposti per la ripresa e le condizioni adatte affinché cresca l’interscambio tra Paesi, sia corretto nelle sue pratiche, sostenibile nel tempo e di reciproco beneficio.

La nostra economia, il nostro sistema produttivo e il nostro export hanno bisogno di mercati di sbocco aperti e ricettivi, dove il “business environment” sia certo, prevedibile e sicuro per stabilire collaborazioni produttive e durature. In questa prospettiva, assieme ai nostri partner dell’Unione Europea, guardiamo ancora con fiducia alla Cina che segue la traiettoria di “riforme e aperture” avviata appena pochi anni dopo lo stabilimento delle relazioni diplomatiche con l’Italia. Mi auguro pertanto che il cinquantenario delle relazioni diplomatiche tra i nostri due Paesi da poco celebrato sia motivo di stimolo affinché, attraverso il dialogo e la cooperazione bilaterale, si rafforzino il benessere, la stabilità, la pace e la sicurezza internazionali, si contribuisca al conseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e alla promozione universale dei diritti dell’uomo. La pandemia ci ha costretto a posticipare molti degli eventi celebrativi che avevamo immaginato, a cominciare dall’Anno della Cultura e del Turismo Italia-Cina. Ma è soltanto un “arrivederci” al 2022, quando confidiamo di poterlo svolgere con rinnovato entusiasmo e nel segno di una ripresa economica globale.

L’autore è Luigi Di Maio, Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

Si ringrazia l’Istituto per la Cultura Cinese

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