Proteste e violenze in Kenya dopo l'annuncio della rielezione del presidente Uhuru Kenyatta, che non è stata riconosciuta dall'opposizione. Numerose le vittime, ma ci sono bilanci diversi fra loro: Reuters conferma 11 morti in 24 ore, fra cui una bambina che secondo i media locali è rimasta uccisa da uno sparo che l'ha raggiunta mentre giocava in balcone nella sua casa nello slum di Mathare a Nairobi; la Commissione nazionale del Kenya per i diritti umani parla di 24 morti uccisi dagli spari della polizia da martedì, giorno in cui si sono tenute le elezioni; mentre la coalizione d'opposizione Nasa, del candidato perdente Raila Odinga, accusa la polizia di avere ucciso oltre 100 persone fra cui 10 bambini, ma non ha fornito alcuna prova di questo bilancio. Le proteste sono esplose nella città occidentale di Kisumu e in diversi slum che circondano la capitale Nairobi. Lo scoppio della violenza post-elezioni richiama alla memoria ciò che accadde nel 2007, quando Odinga, oggi 72enne, perse le elezioni in circostanze controverse che scatenarono una rivolta politica ed etnica, in cui 1.200 persone vennero uccise e ci furono 600mila sfollati. Odinga ha respinto la vittoria del 55enne Kenyatta annunciata venerdì, denunciando brogli "massicci", ma l'opposizione ha chiarito che non porterà la vicenda in tribunale perché la proclamazione di questo "governo illegale" deve essere giudicata dal "tribunale dell'opinione pubblica".
L'ex segretario generale delle Nazioni unite Kofi Annan, che guidò la mediazione nella crisi post voto del 2007, ha invitato i leader politici del Paese a stare "attenti con la loro retorica e le loro azioni" e Odinga a portare avanti in tribunale qualunque lamentela per il voto. Come nelle precedenti elezioni del 2007 e del 2013, nel voto di quest'anno sono emerse tensioni etniche. In particolare la tribù Luo a cui Odinga appartiene, che proviene dall'ovest, sperava che una presidenza di Odinga avrebbe posto fine al dominio di Kikuyu e Kalenjin al governo centrale, che va avanti dall'indipendenza nel 1963. Kenyatta, figlio del primo presidente del Kenya, è un Kikuyu. La maggior parte degli scontri si sono concentrati, appunto, nella città occidentale di Kisumu, roccaforte di Odinga, e negli slum etnicamente misti alla periferia della capitale. L'opposizione sostiene che si tratti di un'operazione militare meticolosamente preparata da parte della polizia.
Il governo invece, tramite il ministro dell'Interno ad interim Fred Matiang'i, sostiene che la responsabilità sia di "elementi criminali" e che non ci sia una protesta politica: "Siamo onesti, non ci sono manifestazioni" ma "individui o gang che stanno saccheggiando negozi, che vogliono mettere in pericolo vite, che fanno irruzione nei negozi delle persone, questi non sono manifestanti. Sono criminali che ci aspettiamo che la polizia tratti come criminali", ha affermato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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