16enne costretta a sposarsi e a convertirsi all'islam: il giudice non annulla le nozze

La ragazza pachistana, rapita e violentata da un uomo musulmano per costringerla a convertirsi e a sposarlo, si è rivolta al tribunale di Karachi. Il giudice ha riaffidato la minore al padre ma non ha annullato il matrimonio forzato

16enne costretta a sposarsi e a convertirsi all'islam: il giudice non annulla le nozze

Ci sarebbero le pressioni dei gruppi islamici radicali dietro la decisione del giudice del tribunale di Karachi di non annullare il matrimonio tra Meerab Mohsin, sedicenne cattolica di Orangi Town, e l’uomo che l’ha violentata e costretta a sposarsi contro la sua volontà. La storia, che arriva dal Pakistan, risale a qualche settimana fa. Meerab, che vive in una cittadina a nord ovest di Karachi con i suoi genitori, viene rapita da Noman Abbas. L’uomo, un vicino di casa della ragazza, l’ha sottratta alla sua famiglia con l’aiuto di alcuni parenti. Poi, secondo quanto denunciato dalla giovane, avrebbe abusato di lei, obbligandola a convertirsi alla sua religione e a diventare sua moglie. Un copione che Abbas ha ripetuto altre volte in passato, essendo già stato perseguito per aver venduto due ragazze del Punjab dopo averle costrette alle nozze.

Lo scorso 19 aprile, però, Meerab è riuscita a scappare. Una volta tornata a casa ha raccontato tutto ai genitori e poi al giudice, supportata dall’avvocato Tabassum Yousaf. La giovane è stata accolta in una casa famiglia per vittime di abusi e violenza domestica, e ieri il tribunale di Karachi Ovest ha disposto l’affidamento della minorenne al padre, Mohsin Gulzar. Nonostante dal 2013 la legge della provincia del Sindh proibisca ai minori di diciotto anni di contrarre matrimonio, proprio per contrastare il fenomeno delle spose bambine, il giudice non ha annullato le nozze tra Meerab e il suo aguzzino. "Ci sono molte lacune sia nella normativa sia nella decisione del tribunale", denuncia la legale, sentita dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, che si è offerta di pagare le spese del processo. "Secondo la legge un minore sotto i 18 anni di età non può sposarsi di spontanea volontà e senza il consenso del tutore o genitore, e anche se Meerab, sedicenne, ha dichiarato di fronte tribunale che ha, appunto, sedici anni, - osserva - il giudice non l’ha considerato".

Di conseguenza, ha spiegato, il tribunale "non ha adottato il provvedimento necessario per l’annullamento civile del matrimonio". Insomma, sottolinea Yousaf, "Meerab Mohsin è stata consegnata alla famiglia dal tribunale di Karachi solo sulla base delle sue dichiarazioni e non in applicazione della legge contro un reato". E così, di fatto, la decisione "ambigua" del tribunale mette l’uomo che ha rapito Meerab nelle condizioni di accampare pretese sulla ragazza, che resta a tutti gli effetti sua moglie. Per questo, ha spiegato la legale, per la famiglia resta la preoccupazione. "Meerab attualmente è molto confusa, psicologicamente traumatizzata, fisicamente molto provata e bisognosa di assistenza medica", ha raccontato Tabassum Yousaf. "Nessuno, a livello istituzionale, - ha aggiunto l’avvocato - provvede alla sicurezza della bambina o della famiglia".

"Ci sono alcuni volontari cristiani che a turno vanno a visitarli, ma – avverte – i tre cugini del rapitore, accusati dalla famiglia di averlo aiutato, ora sono liberi su cauzione e abitano proprio nella casa del rapitore che è di fronte a quella della bambina, sulla stessa strada". "Ovviamente, insieme ai gruppi islamisti, sono una minaccia significativa per la sicurezza della minorenne e della sua famiglia", mette in guardia la legale. In Pakistan le denunce da parte delle giovani costrette a sposarsi e a convertirsi contro la propria volontà sono almeno 2mila l’anno. Ma potrebbe essere soltanto la punta dell’iceberg. Come dimostra la vicenda di Meerab, infatti, spesso è difficile avere giustizia. E in molti preferiscono non esporsi per evitare ritorsioni.

Chi si batte per la difesa dei diritti delle minoranze chiede perciò al nuovo governo un cambio di rotta. Anche se a prevalere è ancora lo scetticismo. "Se le istituzioni fossero libere da pressioni da parte dei gruppi fondamentalisti islamici non avrebbero preso una decisione ambigua e poco chiara”, è il commento dell’avvocato.

"La bambina – insiste - non deve essere abbandonata e il caso non deve essere chiuso. Altrimenti non si riuscirà mai a istituire un precedente per evitare che in futuro ci siano altri casi di conversioni e matrimoni forzati".

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