"Siamo costretti ad amputare": cosa succede in Ucraina

Oltre all'emergenza guerra, in Ucraina ce n'è un'altra che passa sottotraccia: la mancanza dei materiali ospedalieri per curare i feriti, ai quali spesso vengono amputate braccia e gambe. E scarseggiano anche i chirurghi

"Siamo costretti ad amputare": cosa succede in Ucraina

Nei territori ucraini martoriati dall'assurda guerra di Putin, che domani compirà tre mesi dall'inizio, non ci sono soltanto i carri armati, i droni e lo scontro a fuoco tra i due eserciti. Ci sono anche, e soprattutto, i feriti di guerra (civili e non) che molto spesso si ritrovano con un arto amputato perché negli ospedali scarseggia il personale e manca quasi del tutto il materiale necessario per curarli e non dover ricorrere a estremi rimedi. Quanto accade in Ucraina è stato denunciato dal New York Times con un lungo reportage in cui sono state raccolte le testimonianze dei "reduci", quei dottori e chirurghi che non hanno voluto abbandonare il loro territorio nonostante le bombe a pochi passi da loro.

"Non ce la faccio più"

Come racconta il quotidiano americano, molti camici bianchi diverse settimane fa hanno già abbandonato il Donbass e altre zone del Paese molte. Se a questo si aggiunge che la guerra non consente un arrivo costante dei materiali medici necessari, si capisce quale sia la gravità dell'emergenza. Yaroslav Bohak, chirurgo cardiovascolare, ha ricevuto la telefonata di un collega in lacrime: a Kramatorsk, città dove i russi hanno compiuto una strage di civili alla stazione ferroviaria, i chirurghi amputavano bracce e gambe invece di tentare di salvarle: "Mi ha telefonato, ha raccontato e mi ha detto che non riusciva più a tagliare le braccia a ragazzi così giovani". Lui è andato lì, combatte in prima linea e il giuramento di Ippocrate gli impone, giustamente, di curare tutti (invasori compresi).

La doppia emergenza

In Ucraina non tutte le città hanno ospedali attrezzati per i casi più difficili: rispetto a dove lavora Bohak, Dnipro è lontana 280 chilometri ed è laggiù che i feriti hanno maggiori probabilità di guarire. Ma è troppo lontana e trasportarli sarebbe un pericolo maggiore. "Questo è il motivo per cui il mio arrivo è stato così importante", ha spiegato. Come spiega IlMessaggero, da quando c'è l'esperto Bohak si sono più che dimezzati i casi di amputazione anche se l'emergenza chirurghi e forniture rimangono. I turni sono praticamente h 24 e non c'è sosta, il via vai è continuo. Fortunatamente non si tratta sempre di casi disperati ma la disperazione nasce dall'avere la certezza di non poter ricevere le cure adeguate come in tempi di pace. Nella cittadinia di Avdiivka, per esempio, cè un solo chirurgo che non si ferma da tre mesi se non per andare velocemente al supermercato e tornare in ospedale.

Come detto, oltre agli esperti mancano i materiali, le forniture. Il dottor Pavlo Baiul ha fatto un appello all'American Society of Plastic Surgeons. "Anche se molto ci viene inviato non tutto arriva a destinazione, c'è bisogno di molto altro". L'Occidente, e la Nato, oltre agli aiuti militari dovrebbero premurarsi di inviare anche e soprattutto il necessario per salvare chi viene colpito dal fuoco dei nemici altrimenti la situazione dei feriti può davvero sfuggire di mano.

Un chirurgo che lavora come volontario nell'ospedale di Zaporizhzhia ha raccontato che le strutture ospedaliere si sono ritrovate improvvisamente inondate "da 30 o 40 pazienti al giorno" e non c'era "abbastanza

materiale per curare ferite inflitte da arma da fuoco o altre ancora più gravi". L'atrocità della guerra, oltre alla morte e alla distruzione, è anche quella di chi sopravvive ma non può ricecere le cure che gli spettano.

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